Presenti circa 500 scienziati da tutto il mondo
Dati, aggiornamenti scientifici e molto altro sono stati portati a conoscenza del folto uditorio accorso da ogni parte del mondo per seguire la Conferenza Internazionale sulla sindrome di Down, promossa dalla Trisomy 21 Research Society (T21RS), che ha così festeggiato i 10 anni dalla nascita, svolta dal 5 all’8 giugno scorsi presso la Sapienza Università di Roma e il Centro Congressi La Nuvola. L’evento, unico per il nostro Paese, ha visto la partecipazione di circa 500 studiosi da tutto il mondo ed è stato possibile grazie al ruolo prioritario rivestito dall’Università La Sapienza e dal gruppo del Professor Eugenio Barone -Ordinario di Biochimica della Sapienza Università di Roma e Presidente del Comitato Organizzatore della Conferenza Internazionale sulla sindrome di Down– a livello internazionale.
Il prof Barone ha così presentato l’evento: “La sindrome di Down è una nota condizione genetica, caratterizzata dalla trisomia del cromosoma 21 e rappresenta la più frequente causa di disabilità intellettiva. In Italia circa 1 bambino su 1.000 nasce con questa condizione ed oggi si contano circa 38 mila persone con sindrome di Down, di cui 23 mila già adulte. Nel mondo questa cifra raggiunge 5,4 milioni. La durata della vita è aumentata enormemente negli ultimi cinquant’anni. Oggi, grazie al progresso della medicina, l’80% delle persone con sindrome di Down raggiunge i 55 anni e 1 su 10 i 70 anni. Un maggior accesso alle cure mediche, inoltre, ha favorito una migliore qualità della vita. In passato le persone con disabilità intellettive erano spesso costrette ad un maggior isolamento, anche all’interno dello stesso nucleo familiare, a causa del fatto che la sindrome di Down veniva considerata uno stigma. Il passaggio a una vita comunitaria e familiare più integrata sembra aver contribuito anche a una vita più lunga. Questo non significa che va tutto bene. Anzi, ci sono ancora molti gap da colmare. L’accesso alle risorse mediche e ai servizi di supporto è ancora insufficiente”.
Questo passaggio si ricollega a quanto discusso il 21 marzo a Siracusa dal prof Lucio Nitsch, professore Emerito della Università “Federico II” di Napoli e coordinatore delle task force nazionale sulla sindrome Down, in merito alla presa in carico della persona con sindrome di Down.

Da sinistra Ministro Locatelli, Prof Caraci, mamma di Flavia, Prof Barone, Flavia e Anna Papale presidente ass Futuro 21
Il prof Nitsch ha salutato e ringraziato gli organizzatori e si è soffermato sull’importanza della task force e su quanto fatto finora in merito alla sindrome di Down: “La task force nasce il 17 ottobre del 2020, durante il dibattito che concludeva il 4° convegno nazionale sulla sindrome di Down. Proprio in quella sessione venne posto il problema se stessimo facendo abbastanza per la sindrome di Down. La risposta fu NO. Così nacque la Ds -Down sindrome- task force che oggi io rappresento, che coordino e di cui vi porto il saluto. La task force è un gruppo spontaneo, assolutamente informale e, forse è inutile aggiungere, che non ha alcun interesse economico”.
Nitsch entra nel vivo della questione e descrive da chi è fatta e gli obiettivi della task force nazionale: “La task force è un gruppo di ricercatori, una dozzina, provenienti dai principali laboratori italiani che lavorano sulla sindrome di Down, da Bologna, Roma, Napoli, Bari, Catania. Della task force fanno parte anche i presidenti più 2 rappresentanti di AIPD –associazione italiana persone Down- e CoorDown. Gli obiettivi della task force sono essenzialmente 3:
- Il primo è incrementare qualità e quantità della ricerca scientifica in Italia.
- Il secondo è fare divulgazione sulla sindrome di Down.
- Il terzo è lavorare in sintonia con AIPD e CoorDown per operare in favore delle persone con sindrome di Down”.
Il prof Nitsch pone anche la questione di incrementare le risorse economiche e di aumentare l’interazione tra i ricercatori. Ecco perché ogni anno, la task force organizza un convegno aperto a tutti sulla sindrome di Down: “La questione economica per la ricerca, sicuramente importante, non è il solo punto da porre all’attenzione perché c’è anche quello di aumentare la interazione tra i ricercatori così da avere nuove idee, perché la ricerca scientifica è questo. A tale scopo il 18 e 19 ottobre p.v. organizzeremo a Napoli un convegno scientifico sulla sindrome di Down che si concluderà con un incontro-dibattito con le famiglie. Siete tutti invitati”.
Nitsch specifica anche i passi in avanti che sono stati fatti in ambito genetico, di biologia cellulare (le cellule si possono alterare nei meccanismi di trasporto, di utilizzazione dell’energia), in merito allo sviluppo del sistema nervoso (con la risonanza magnetica ad alta risoluzione si analizza il cervello vivo nell’uomo) e per quanto riguarda l’Alzheimer. Ci sono, infatti, i primi farmaci per rallentare lo sviluppo della malattia sebbene non ancora per persone con la sindrome di Down, perché non c’è stata ancora sperimentazione.
Il coordinatore della task force nazionale sulla sindrome di Down conclude informando su quanto la stessa sta facendo per il prossimo futuro: “Stiamo predisponendo le nuove linee guida per prendersi cura in maniera corretta ed efficace delle persone con sindrome di Down e stiamo facendo, insieme all’Istituto Superiore di Sanità, un censimento dei centri medici che svolgono assistenza per le persone con sindrome di Down. Lo scopo del censimento –ha concluso il professore- è di offrire un’informazione alle famiglie e provare a generare un coordinamento tra centri con scambio di conoscenze, training, expertise”.
La magnifica rettrice dell’Università di Roma La Sapienza, Antonella Polimeni, ha sottolineato che “I dati devono farci riflettere sulla necessità di affrontare in maniera rigorosa ogni argomento riguardante i diversi aspetti della sindrome di Down, ricordandoci che dietro i numeri ci sono persone e quanti se ne prendono cura”.

Al centro la magnifica rettrice de La Sapienza di Roma
In tutto questo, la famiglia resta ancora il fulcro dell’assistenza. Secondo l’indagine “Non uno di meno” del Censis -centro studi investimenti sociali-, e AIPD, in molti vivono in ambito familiare, soprattutto con i genitori (55,3%) o con genitori e fratelli (36,6%), a seconda dell’età. Tra i più anziani è significativa la percentuale di chi vive con i fratelli e/o la loro famiglia (26,2%). Risulta pertanto fondamentale approfondire le questioni collegate alla sindrome, ossia: caregiver, progetto di vita e dopo di noi. Si rende quindi necessario costruire un sistema integrato di interventi, servizi e prestazioni attorno alla persona con disabilità e al suo caregiver e ripensare un welfare di comunità.
Tra gli studiosi che hanno portato il loro contributo ci sono stati il prof. Filippo Caraci, responsabile dell’Unità Operativa di Ricerca di Neurofarmacologia e Neuroscienze traslazionali presso l’IRCCS– istituto di ricovero e cura a carattere scientifico- Oasi Maria SS a Troina (En), insieme alla dottoressa Margherita Grasso Ricercatrice junior, IRCCS Oasi Maria SS. ONLUS i quali hanno illustrato i dati di uno studio sul trattamento dei deficit cognitivi e un altro sull’individuazione del biomarcatore TGF-beta1 nel declino cognitivo associato alla sindrome di Down.
“Si chiama ICOD, cioè Improving COgnition in Down syndrome –ci spiega Caraci– per rendere disponibile il primo farmaco per il trattamento dei deficit cognitivi nelle persone con sindrome di Down. L’iniziativa nasce dalla collaborazione scientifica tra l’Università di Catania e l’IRCCS Associazione Oasi Maria SS. Onlus di Troina”.
È il primo progetto finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma Horizon 2020 nella call European Commission New interventions for Non-Communicable Diseases call of the H2020 Programme e nasce per sviluppare il primo farmaco di una nuova classe farmacologica, l’AEF0217, diretto verso il recettore per i cannabinoidi (CB1). “L’AEF0217 –ha aggiunto il professore- è stato sviluppato dalla Biotech francese AELISFARMA dal gruppo di PV Piazza. AELISFARMA partecipa, insieme ad IRCCS Oasi, al progetto ICOD coordinato dal Prof Rafael De La Torre (Barcelona, Spagna)”. L’AEF0217 appartiene ad una nuova classe farmacologica, i cosiddetti inibitori specifici del signaling dei recettori CB1 (CB1-SSi) che hanno mostrato un alto livello di efficacia preclinica nei modelli animali di sindrome di Down.
“La sindrome di Down –esordisce la ricercatrice- è la causa genetica più comune di disabilità intellettiva. Circa 1 bambino su 1000 nasce con questa sindrome. La maggiore incidenza della malattia di Alzheimer nelle persone con sindrome di Down è la presenza del gene APP cioè la proteina precursore della amiloide (una proteina insolubile, ndr) sul cromosoma 21. Di conseguenza si ha una sovraespressione di APP sul cromosoma 21 e un maggiore accumulo e deposizione di Aβ (A-beta amiloide) che è il peptide neurotossico (i peptidi sono i mattoncini che costruiscono le proteine, ndr) responsabile di una delle caratteristiche neuropatologiche tipica della malattia di Alzheimer”.
Cosa vuol dire tutto ciò? “Questo –continua la dottoressa- comporta che nei bambini con sindrome di Down a partire dai primi 10 anni di età, Aβ inizia a depositarsi a livello cerebrale sotto forma di frammenti amiloidogenici, per poi trasformarsi in vere proprie placche che sono le caratteristiche neuropatologiche tipiche della malattia di Alzheimer e tende ad accelerare dopo i 40 anni di età”.
“Lo studio osservazionale –ha detto la dottoressa- condotto dal nostro istituto, grazie all’istituto Scienze neurologiche di Bologna, al San Raffaele di Roma e al professor Filippo Caraci, alla dottoressa Marilena Recupero e il dottor Fino Buono, ha identificato nuovi biomarcatori e nuovi target farmacologici che ci consentono una diagnosi precoce del declino cognitivo nei soggetti con sindrome di Down”.
Con un semplice prelievo di sangue si può vedere l’alterazione del sangue periferico e dunque, l’identificazione di marcatori biologici potrebbe diventare essenziale per predire il grado e/o la progressione del declino cognitivo nella sindrome di Down. Il TGF-β1 potrebbe essere uno di questi. Quale allora il rimedio? “La fluoxetina –ha concluso Grasso-, dotata di attività neuroprotettiva, potrebbe essere studiata in futuri studi clinici controllati per il trattamento del deficit cognitivo nella sindrome di Down”.
Molto coinvolgente il messaggio del presidente nazionale di Aipd Gianfranco Salbini che, ringraziando il lavoro svolto dal gruppo T21RS, ha volutamente sensibilizzato in merito alla fragilità delle persone con disabilità: “Il lavoro della T21 RS è di una importanza cruciale per diversi motivi. Innanzitutto, la ricerca avanzata contribuisce a una migliore comprensione delle caratteristiche genetiche e biologiche della sindrome di Down, aprendo la strada a nuove terapie e interventi che possono migliorare la salute e il benessere delle persone che vivono con questa condizione. Grazie agli studi, stiamo scoprendo nuove modalità per affrontare le sfide mediche e cognitive associate alla sindrome di Down, offrendo così nuove speranze a milioni di famiglie. La scienza diventa così alleata fondamentale nel lavoro delle associazioni e nella vita quotidiana delle famiglie. Attraverso campagne di informazione e sensibilizzazione –ha continuato il presidente nazionale-, la T21RS contribuisce in modo significativo a combattere i pregiudizi e a diffondere una maggiore consapevolezza sui diritti e le capacità delle persone con sindrome di Down. Un esempio eccellente di questo impegno è il programma specifico dedicato alle famiglie con l’opportunità di partecipare a workshop, sessioni informative e momenti di confronto, dove potranno acquisire nuove conoscenze, scambiare esperienze e ricevere supporto. È un’iniziativa che riconosce il ruolo fondamentale delle famiglie nel percorso di crescita e sviluppo delle persone con sindrome di Down, offrendo loro gli strumenti necessari per affrontare le sfide quotidiane. Voglio quindi cogliere l’occasione, oggi, per lanciare un messaggio che mi sta e ci sta particolarmente a cuore: il rispetto e la protezione delle persone con disabilità devono essere al centro delle nostre priorità, specialmente nei contesti di conflitto e di guerra, oggi drammaticamente sotto i nostri occhi. Troppe volte, infatti, proprio le persone con disabilità sono state coinvolte in situazioni di violenza, senza poter comprendere appieno ciò che sta accadendo, ma subendone le conseguenze, pur senza avere alcuna colpa. In questi contesti drammatici –ha concluso Salbini-, le persone con disabilità diventano ancora più vulnerabili. Le difficoltà che affrontano quotidianamente si moltiplicano in maniera esponenziale in situazioni di emergenza, dove l’accesso a cure mediche, supporto psicologico e risorse di base diventa quasi impossibile. Le immagini di bambini, donne e uomini con disabilità travolti dal caos della guerra devono scuotere le nostre coscienze e spingerci ad agire”.
Presente all’evento anche la presidente dell’Aipd sezione di Siracusa Simona Corsico la quale ha messo in evidenza i momenti dedicati alle famiglie: “Ci sono state delle sessioni dedicate alle famiglie nelle quali si è parlato di alimentazione, di salute orale ma anche di sport, di come effettuare una manovra di disostruzione, comunicazione aumentativa e alternativa, di inserimento lavorativo e tanto altro. Abbiamo anche partecipato a dei momenti in cui abbiamo ascoltato delle esperienze di altri caregiver e ciò serve sempre a non farci sentire soli”.
Nella immagine in evidenza: il ministro Locatelli con una delegazione di persone con sD alla Conferenza