Al termine della 50ª settimana sociale, Papa Francesco ha chiesto ai cattolici di curare il cuore malato della democrazia. Questa di Trieste è stata una settimana densa di contenuti, aperta dalle parole del presidente della Repubblica, Mattarella, a difesa delle minoranze politiche e del presidente della Conferenza dei Vescovi Italiani, cardinale Zuppi, che ha parlato di una Chiesa fuori dalle sacrestie.
Oggi, quindi, la risposta principale per i cristiani all’appello del Pontefice non sembra più essere “Sì, ma verso dove?”, quanto piuttosto “Sì, ma con chi?”. Se la gerarchia ecclesiastica – dopo il “liberi tutti” degli anni ’90, amplificato dagli scandali di Tangentopoli e dalla riforma elettorale maggioritaria – ora pare rivolgere un accorato impegno al ritorno dei cattolici in politica, non si sa bene chi possano essere gli interlocutori. Basta definirsi di “centro”, “moderato” o “credente” per essere arruolato sotto una bandiera assimilabile allo scudo crociato di ben altri tempi?
Stanti le attuali dinamiche politiche che privilegiano leadership carismatiche e lobby autoreferenziali, specialiste nella nomina di deputati privi di carattere proprio, come e chi dovrebbe o, meglio, potrebbe rappresentare i “chiamati” all’appello di Trieste?
Una Chiesa impegnata a contrastare la potenziale banalizzazione dell’umanità per mezzo dell’intelligenza artificiale, quanto in questi anni ha fortificato i suoi fedeli con un’adeguata conoscenza del glorioso magistero sociale che, con la “Rerum Novarum” di Leone XIII, ha avuto una lucida quanto concreta espressione?
Come, cosa o chi, inoltre, è recuperabile dalla diaspora dei cattolici in politica quando in tanti hanno preferito accomodarsi negli strapuntini di comodo offerti a destra e manca, pur di avere dei totem cattolici da esibire a un elettorato sempre più ipnotizzato da slogan opportunistici?
Forse si potrebbe rispondere a tutte queste domande con un unico test basato sulla parafrasi del messaggio evangelico: “Chi è oggi riconoscibile dallo spezzare il pane?” Come riconoscere, dunque, credenti credibili al servizio del bene comune?
Di certo al momento non può dirsi di avere già pronta una significativa milizia di cattolici pronti all’impegno politico che dimostri queste caratteristiche, ma è bene cominciare a riparlarne perché un’azione libera e forte ha bisogno di crogiolarsi nella storia. Nei documenti di commento del Concilio Vaticano II, non a caso, si legge di una fede che, pur non dando indicazioni politiche, si cimenta con la cultura e, così facendo, si manifesta come lievito vivificante nell’agire sociale.
Da Trieste, adesso, per quanto ci riguarda la palla passa a Siracusa.
Il numero di autorevoli personaggi che si dichiarano espressione del mondo cattolico è significativo. Ma dire che nella diocesi di San Marciano ci sia una incisiva presenza politica dei cattolici non pare sostenibile tanto variegate e poco dialoganti sono le diverse anime dell’arcipelago cattolico aretuseo e tuttavia la partita è aperta.