8×1000-Uniti nel dono: La testimonianza della parrocchia S.Famiglia
SIRACUSA – Una ricetta, valida per tutte le situazioni, forse non c’è, soprattutto se i contesti variano all’interno di un centro abitato o, addirittura, di uno stesso quartiere. Ma tentare si può, anzi si deve. Ed allora, come fare ma soprattutto cosa fare per essere “attrattivi” e, quindi, “pontieri” tra le generazioni, specie le più giovani che, poi, sono quelle (apparentemente) più lontane dalla voglia di essere comunità all’interno della parrocchia? Proprio perché una ricetta buona per tutte non c’è, siamo andati a vedere cosa si fa in una parrocchia della periferia nord, quella della S. Famiglia alla cui guida c’è il cinquantasettenne don Claudio Magro, nell’enclave tra Scala Greca e la zona verso Mazzarona. Un quartiere figlio dell’inurbamento dei tempi del boom economico, della zona industriale praticamente quasi sotto casa, tanti palazzi di edilizia popolare. Oggi, in una Sicilia che si spopola -la provincia aretusea non fa eccezione, a partire dal capoluogo- il divario anziani (sempre di più) e giovani (sempre di meno) residenti è a vista e pone problemi non da poco, legati alle necessità di dare una risposta a tutti. Che fare? Lo abbiamo chiesto a don Claudio.
-In parrocchia come si è impegnati nella costruzione di momenti di dialogo e di interscambio generazionale?
“Attraverso la partecipazione dei gruppi che in parrocchia vivono la vita di comunità nei diversi momenti liturgici, di catechesi ed altri di vita comunitaria. Non sempre è facile, ma comunque possibile. E’ anche un impegno per la crescita umana e cristiana che tutti sentono propria”.
–E’ possibile, dunque, ma anche utile e fruttuoso?
“Certamente diventa importante lo scambio, inteso come “trasferimento” culturale e generazionale. Testimonianza di fede, per il battesimo ricevuto in dono, testimonianza orizzontale e verticale che di fatto, realizza la croce, come segno di salvezza. Potrei sembrare di parte, – sono in pochi – ma sarebbe utile che anche il sacerdote tornasse nella scuola, non in maniera marginale, al di là della presenza dell’insegnate di religione. La presenza del sacerdote, del religioso/a è segno e presenza “radicale” del messaggio del Vangelo. Questo produrrebbe una doppia efficacia: per il ministro di culto, “vivere il mondo, senza essere del mondo” come quello giovanile, il più complesso ma anche con i colleghi insegnanti/ professori e, per i ragazzi e le ragazze, vedere il “prof.” fuori dal contesto chiesa con occhi diversi. Lo dico in maniera semplice, ci sarebbe molto su cui parlare in proposito senza suscitare polemiche”.
-Cosa mette a disposizione la parrocchia? E i costi, gli strumenti del recupero delle risorse necessarie, non solo per questa attività?
“Abbiamo pochi spazi, una chiesa grande, costruita secondo i criteri degli anni ’50, e locali insufficienti per le diverse attività della comunità parrocchiale nei giorni della settimana. Territorialmente la parrocchia è grande e numerosa, circa 12 mila abitanti, ma economicamente “sopravvive”; soffriamo anche noi la crisi economica, sociale, politica, vuoi per la situazione generale, che per quella del territorio costituito da famiglie con grossi disagi economici, con un numero non indifferente di pensionati. Anni fa, abbiamo pure partecipato ad un progetto del Coni, con una società sportiva del territorio, anche per riqualificare il piazzale antistante la chiesa, dove avevamo collocato dei canestri di pallavolo, pur con il pavimento ammalorato. Purtroppo non è andato a buon fine. E’ eccessiva la somma per la sistemazione definitiva. Anche l’aula liturgica ed i locali per le attività pastorali hanno bisogno di una sistemazione. Stiamo racimolando qualche soldino per poter iniziare a riqualificare per quello che è possibile con le nostre forze ed ovviamente verificare di poter accedere a qualche finanziamento con i fondi dell’otto per mille alla Chiesa italiana. Noi come comunità parrocchiale facciamo un lavoro di sensibilizzazione per sempre di più far comprendere il valore di una scelta, di una firma, che non costa nulla a chi la fa e la mette ma aiuta tanti in tutt’Italia. Questo grazie anche alla sensibilità manifestata da alcuni parrocchiani e che, nonostante sia impegnativo far passare un concetto ‘semplice’, comunque dà sempre frutti, pochi o tanti che siano E che, un giorno, spero, possano essere usati a beneficio della comunità parrocchiale”.
-Qual è, dal suo punto di vista, lo stato dell’arte a livello diocesano?
“Non ho una visione di insieme; posso solo accennare, forse alle fatiche dei confratelli nell’impegno soprattutto con le giovani generazioni. Negli incontri diocesani, scambiando qualche battuta con altri sacerdoti, oltre al racconto delle fatiche, rileggiamo pure qualche gioia per l’impegno e la crescita educativa nella comunità ecclesiale”.
-Da un punto di vista di chi guarda dall’esterno è percepito, o percepibile, lo sforzo di chi lavora in tal senso?
“Non saprei, mi faccio aiutare da una frase del Vangelo: “Noi siamo chiamati per seminare, altri raccoglieranno i frutti”; oppure il poter dire come Pietro: “Signore abbiamo faticato tutta la notte, ma sulla tua Parola, getterò le reti”.