Oggi facciamo il punto su quanto emerso in occasione dell’appuntamento romano presso il centro congressi Frentani, la 2^ conferenza nazionale autogestita per la salute mentale.

L’occasione è stata anche quella di ricordare a cento anni dalla nascita Franco Basaglia, definito lo psichiatra che “slegò i matti” e a cui si deve la oramai celeberrima legge 180/1978 che pose le basi della riforma psichiatrica chiudendo definitivamente i manicomi.

Studiosi, sindacati e famiglie, presenti per un nuovo paradigma che parta sempre di più dalla persona, per arrivare ad alleviare le varie condizioni di sofferenza incentrando moltissimo sulle relazioni in ogni ambiente e dunque non sempre e non solo confidando nell’utilizzo dei farmaci.

“Si può fare per il lavoro di comunità”, associazione regionale di secondo livello che raggruppa decine di associazioni di familiari, utenti, cittadini e cooperative sociali di tutta la Sicilia, era presente con il suo presidente Tati Sgarlata che ha restituito così l’aria che si respirava nelle due giornate della conferenza:  “Siamo partiti –ha esordito il presidente-  per sostenere la conferenza nazionale che ripropone una attuazione piena e completa della legge 180/1978 cioè la possibilità di una giusta cura e riabilitazione per le persone soggette a patologia psichiatrica grave. Negli ultimi 10 anni in particolare, c’è stato un abbassamento sempre più rapido della qualità dei servizi offerti a queste persone e dunque da parte nostra, c’è il massimo impegno per attuare la legge in maniera completa”. Sgarlata enuncia i punti nodali da risolvere per centrare l’obiettivo: “Occorrono operatori qualificati in qualità e quantità perché i bisogni sono enormi. Occorre l’applicazione del budget di salute perché personalizza le cure dei pazienti. Occorrono servizi di diagnosi e cura per le acuzie attrezzati in maniera adeguate con locali e personale adeguato. Insomma –ha concluso il presidente- serve un lavoro di attenzione, una regia a livello regionale e una applicazione a livello locale che dia risposte definitive. Noi continueremo le nostre iniziative e battaglie tanto a Siracusa quanto a Palermo a livello regionale, perché la salute mentale è un bene di tutti e non solo delle persone che soffrono. Oggi più che mai esplodono le patologie negli adolescenti e dunque ne soffre tutta la società”.

Tati Sgarlata

Il presidente Unasam –unione nazionale delle associazioni per la salute mentale- Gisella Trinca (nella foto in evidenza) ha immediatamente messo il focus su una questione fondamentale inerente i Csm –centri di salute mentale- : “Non servono ambulatori psichiatrici che dispensano farmaci a vita senza consenso –ha detto il presidente-, ma riaprire e riqualificare tutti i centri di salute mentale chiusi da scelte politiche irresponsabili svuotati di personale e di umanità. E laddove non c’era l’ombra di centri di salute mentale di comunità provvedervi con immediatezza. Le Regioni e le aziende sanitarie vanno richiamate ai loro compiti istituzionali: tutelare e preservare la salute pubblica, la nostra salute, il nostro ben-essere”.

La rappresentante della Uil –unione italiana del lavoro-, Mirella Novelli, ha posto invece l’attenzione sull’emergenza sociale dettata dal disagio psicologico tra i giovanissimi e nelle donne: “Secondo il Rapporto Bes –benessere equo e sostenibile dell’Istatdel 2023, la salute mentale tra giovani e i giovanissimi risulta particolarmente critica. Il disagio mentale emerso prepotentemente durante la pandemia, ha registrato nel 2021 e 2022 un forte peggioramento del benessere psicologico sia tra i giovanissimi di 14-19 anni, sia nelle fasce di età tra 20 e 34 anni in particolare per le giovani donne. Un dato questo, riconfermato, purtroppo, anche dall’andamento dell’indice del benessere psicologico che passa dal 68,2 del 2022, al 66,5 nel 2023.

Alcol, droghe e antidepressivi a partire dai 14 anni di età sono molto diffusi tra gli stili di vita.

A questi dati –ha aggiunto Novelliaggiungiamo il 28,1% degli adolescenti che dichiara di aver giocato d’azzardo e assistiamo, con un’età di esordio che si abbassa sempre di più, all’aumento di comportamenti alimentari anomali accompagnati spesso da intense preoccupazioni per il peso, la forma del corpo e l’autostima”.

E ancora. La povertà sanitaria, ovvero l’impossibilità ad accedere a cure mediche e farmaci per motivi economici, secondo gli ultimi dati Istat riguarda, ci ricorda Novelli,quasi 10 mln di persone e tra questi 102.000 minori e 88.000 anziani. Per quanto riguarda la spesa sanitaria sostenuta dalle famiglie, nel 2023 è stata stimata in 45.862 milioni di euro, di cui l’88,6% a carico diretto dei cittadini (spesa out-of-pocket) e l’11,4% intermediata da fondi sanitari e assicurazioni. Nel triennio 2020-2023 –ha continuato- la spesa delle famiglie intercettata per la salute mentale si attesta al 9,3%. Il dato ci dice che la percentuale se pur comunque bassa non è irrisoria e la soglia bassa è motivata proprio perché a fronte di un grande bisogno i costi privati degli specialisti si mantengono alti”. Ma secondo Novelli c’è di più: “I dati ci dicono che il nostro SSN –sistema sanitario nazionale-, per poter dare risposta solo ai bisogni di cura psichici tra psichiatri, psicologi, infermieri, operatori sociosanitari, educatori, assistenti sociali, tecnici della riabilitazione e sociologi dovrebbe disporre di 37.962 operatori mentre oggi la dotazione è di 25.791. Un gap di oltre 12mila professionisti, tale che per colmare questo ammanco e far fronte all’aumento dei pazienti in particolar modo giovani, servirebbero oltre 1,7 miliardi.

Formazione dei professionisti in ambito sanitario, attuazione del piano d’azione europeo per la salute mentale, radicale cambio di paradigma nella considerazione del malato psichiatrico che è anzitutto una persona e tanto altro ancora sono e rimangono i punti di partenza per la revisione del sistema che, sebbene ha abolito per sempre gli orrendi manicomi, deve ancora fare i conti con una realtà non sempre a misura di chi la vive.

Torneremo ancora sul tema perché la salute mentale è un indice di benessere della nostra società che abbisogna sempre più di relazioni e di comunità e, forse, sempre meno di reti il cui sinonimo richiama a concetti virtuali e di spersonalizzazione.

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