RIPARTIRE DALL’APPELLO AI LIBERI E FORTI DI STURZO

PER ALIMENTARE L’IMPEGNO POLITICO DEI CATTOLICI

 

 In un tempo nel quale la politica sembra prigioniera di un arido presente, orfana di tradizione, di legami con la storia, di radici culturali, incapace di trovare nel passato ragioni di futuro, vale  sicuramente la pena di ripartire da eventi come l’Appello ai Liberi Forti che, nel 1919, cambiò la storia non solo italiana.

Non c’è dubbio che si avverte in maniera pressante la necessità di una politica che si fondi su un pensiero, in grado di fronteggiare le sfide dei nostri giorni che appaiono davvero di enorme portata e che non si limiti quindi alla gestione del potere, ad un procedere alla giornata senza una strategia di lungo periodo. E per farlo servono coraggio, lungimiranza ed umiltà, perché le spinte populiste da un lato allontanano larghe fasce di elettorato, spingendole a non recarsi alle urne, dall’altro procedono in maniera avventata, estemporanea, con decisioni radicali dettate dai sondaggi e dagli umori del momento.

È quindi più che mai opportuno alimentare la fiamma del rapporto tra cristiani e politica che è stata ravvivata dalla Settimana sociale dei cattolici italiani, organizzata dalla Conferenza Episcopale Italiana nel luglio scorso a Trieste.

Sorbello-Palladino-Piccione

I credenti che pensano di avere vocazione all’impegno politico  devono scuotersi da un lungo torpore,  facendo sentire la loro voce su temi come la cittadinanza dei minori stranieri, la denatalità, la tutela delle persone con disabilità e degli anziani non autosufficienti.

Sta a noi, in questo anno del Giubileo,  riscoprire, accogliere e testimoniare la speranza e tradurla in coraggiose azioni solidali e concrete. Ricordandoci sempre, come ammoniva il nostro maestro Corrado Piccione,  che il cristiano nella comunità civile è un “uomo di frontiera”, che non si propone la creazione di uno Stato e di una società di “cristiani”, ma di uno Stato e di una società “umani”: non ha quindi lo scopo di costruire la “città di Dio”, bensì quello di costruire la “città dell’uomo”.

Bisogna tradurre questo nuovo fermento politico e culturale, che vede in questi giorni diverse iniziative anche a livello nazionale, in azioni concrete, imitando l’intuizione di un piccolo prete che veniva da Caltagirone, dall’interno di una Sicilia allora molto lontana da Roma e che aveva raccolto le sollecitazioni di un grande vescovo come Giovanni Blandini, presule della diocesi di Noto. Perché Sturzo e il popolarismo non basta celebrarli, ma occorre viverli giorno per giorno in maniera coerente.

Domenica l’anniversario dell’Appello ai Liberi e Forti, che diede vita alla fondazione del Partito Popolare, verrà ricordato a Caltagirone, città natale di don Luigi Sturzo, con due manifestazioni organizzate dall’Istituto di Sociologia “Luigi Sturzo” e dalla Fondazione “Luigi Sturzo”, che vedranno la partecipazione, tra gli altri, del Vicepresidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale On. Antonio Tajani.

Alle 9,30 verrà celebrata una Santa Messa presso la chiesa del SS. Salvatore, dove si trova il  Mausoleo di don Luigi Sturzo.

Seguirà un importante convegno presso il cine teatro Politeama. Dopo i saluti del sindaco di Caltagirone Fabio Roccuzzo, del presidente dell’Istituto Sturzo Giacomo De Caro, nipote di Mario Scelba, e di mons. Michele Pennisi, arcivescovo emerito di Monreale e presidente della Commissione storica per la causa di Beatificazione e Canonizzazione del sacerdote calatino, ci saranno gli interventi del prof. Giacomo Pace Gravina, docente presso l’Università di Messina e del mons. Marco Malizia, consigliere ecclesiastico del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale.

Subito dopo l’inaugurazione dell’Ologramma raffigurante Don Luigi Sturzo, su iniziativa dell’Amministrazione Comunale calatina, presso il Carcere Borbonico.

Condividi: