Un urlo si leva dalla classe, seguito da una risata fragorosa. Nel corridoio, il suono rimbalza sulle pareti scrostate. La docente si ferma per un attimo, stringe il bavero del cappottino azzurro e riprende a camminare. Non accelera, non rallenta. Va avanti. Il suo sguardo sfiora appena la porta spalancata, come se avesse già visto tutto mille volte. Come se nulla potesse più sorprenderla.

Uno spaccato della scuola

La scuola nella provincia di Siracusa affronta sfide complesse, comuni a molte aree periferiche italiane, tra cui la dispersione scolastica e le carenze infrastrutturali.
Secondo il Rapporto Censis 2024, il tasso nazionale di abbandono scolastico è sceso al 10,5%, mentre in Sicilia il problema resta particolarmente grave, con un’incidenza che supera il 25%, ben al di sopra della media nazionale. Questo dato trova conferma anche nella provincia di Siracusa, dove l’evasione scolastica rimane un problema serio, spesso legato a difficoltà economiche e familiari.
Sul fronte infrastrutturale, quasi il 45% degli edifici scolastici siciliani necessita di interventi di manutenzione straordinaria, secondo il Rapporto Censis 2023. Le strutture obsolete e la carenza di strumenti adeguati penalizzano ulteriormente l’insegnamento nella provincia di Siracusa. Circa un terzo delle scuole in Sicilia e Calabria necessita di interventi urgenti di manutenzione, specialmente in aree sismiche. Dopo il terremoto del 2016, solo il 3,4% degli edifici scolastici italiani ha ricevuto interventi di miglioramento. Solo il 31% delle scuole dispone di una mensa. Nel 2024, un nuovo bando della Regione Sicilia ha stanziato fondi per migliorare le strutture scolastiche, in particolare per le palestre e gli spazi sportivi esterni.

Queste problematiche contribuiscono allo scarso coinvolgimento degli studenti e alla solitudine degli insegnanti, spesso lasciati soli a gestire classi difficili. Le famiglie sono poco presenti e il sistema fatica a rispondere alle necessità locali. Nel frattempo, i dirigenti scolastici assumono sempre più un ruolo burocratico anziché educativo.

Al termine della scuola primaria, il 24,5% degli studenti non raggiunge i livelli minimi di apprendimento in italiano. Questa percentuale sale al 39,9% nella scuola media e al 43,5% alle superiori, con un picco dell’80% negli istituti professionali. In matematica, i dati sono ancora più allarmanti: 31,8% alla primaria, 44% alle medie e 47% alle superiori, raggiungendo l’81% negli istituti professionali.

 

Il cappottino azzurro come simbolo

L’immagine della docente può essere interpretata in due modi. Da un lato, il cappottino azzurro rappresenta serenità, un baluardo contro il caos. Dall’altro, suggerisce distacco emotivo, una barriera protettiva che cela un senso di impotenza.

Qualche giorno prima, in quella stessa classe da poco formata perché la scuola ha dato vita all’ennesimo indirizzo scolastico, la professoressa aveva provato a introdurre una lettura su un tema attuale, sperando di suscitare interesse. Solo uno studente aveva alzato lo sguardo, accennando un cenno di curiosità. Gli altri, distratti, scivolavano tra chiacchiere e schermi nascosti sotto il banco. “Prof, tanto non serve a niente” aveva commentato qualcuno. Lei non aveva risposto, ma quelle parole le erano rimaste addosso, come il tessuto del suo cappottino azzurro.

Questo atteggiamento riflette la crisi di molti educatori, divisi tra il desiderio di fare la differenza e la frustrazione per la mancanza di supporto. Secondo il Rapporto Censis 2023, solo il 30% degli adulti siciliani legge almeno un libro all’anno (contro il 41% nazionale), e il 40% degli studenti fatica a comprendere testi complessi.

A questo si aggiunge un altro fattore critico: la carenza di formazione continua per gli insegnanti, che spesso si trovano ad affrontare situazioni complesse senza strumenti adeguati. Il sistema scolastico italiano investe poco nella preparazione specifica dei docenti per gestire classi eterogenee, difficili o a rischio dispersione. Il risultato è un corpo docente che, pur motivato, viene lasciato solo davanti a problemi sempre più complessi.

Testimonianze dirette: voci dalla scuola

Per comprendere meglio questa crisi, abbiamo raccolto alcune testimonianze dirette.

Maria, insegnante di lettere in una scuola siciliana: “Non ci hanno mai dato strumenti per gestire situazioni difficili. Quando ho iniziato, pensavo che l’educazione fosse solo trasmettere conoscenze. Oggi mi rendo conto che il problema è molto più grande: dobbiamo fare da psicologi, da assistenti sociali, da motivatori, senza avere una preparazione adeguata.”

Luca, dirigente scolastico: “Troviamo insegnanti appassionati ma impreparati. Non è colpa loro, semplicemente il sistema non li forma adeguatamente. Le emergenze in aula sono tante e spesso non abbiamo neanche il personale di supporto necessario.”

Giovanna, studentessa: “A volte sembra che i professori siano stanchi, come se non avessero voglia di insegnare. Forse perché non sanno più come farci interessare alle lezioni. Io vorrei che ci fosse più dialogo, più aiuto.”

Un appello al cambiamento

La figura della docente serafica in mezzo al caos richiama l’urgenza di investire nella scuola. Sono necessarie politiche mirate, maggiore sostegno agli insegnanti e interventi infrastrutturali per restituire dignità e centralità all’istruzione, soprattutto nelle zone a rischio di marginalizzazione come Siracusa. Ma cosa accadrebbe se domani quel cappottino azzurro non ci fosse più? Se, un giorno, nessuno volesse più varcare quella porta per insegnare? Quanto manca prima che la scuola smetta di essere un luogo di crescita e diventi solo un contenitore vuoto, in cui il rumore sovrasta ogni parola?

I dati citati sono consultabili nei report ufficiali di ISTAT (Rapporto Istruzione 2023) e nel 58° Rapporto Censis 2024, oltre alla stampa locale come LiveSicilia.

(*) – Marina Fisicaro già dirigente tecnico

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