Titolo della settimana: Fantozzi, 1975 di Luciano Salce.
Il 1975 grande annata: Lo squalo, Profondo rosso, I tre giorni del condor e altri, accanto a questi, ormai classici, non sfigura Fantozzi. L’icona nazionale amata, campanello d’allarme per la classe media, in quegli anni stritolata tra i fermenti del 68, il tentativo di abrogare la legge sul divorzio e i violenti scontri di piazza. In tutto questo caos disorganizzato spunta il ragionier Fantozzi Ugo, impiegato della megaditta, che fin dalla prima apparizione entra nell’immaginario collettivo con sequenze memorabili a scelta: la partita di biliardo,quella a tennis,il 31 dicembre, la gita con la Silvani. Personaggi scolpiti nella memoria, la moglie Pina, la ” splendida” figlia,la signorina Silvani, il ragioniere Filini e tutti gli altri.
Qui ci troviamo di fronte la deflagrazione dell’italiano medio, zero coscienza politica, sempre piegato ai superiori, ma cattivo con gli inferiori, un racconto dell’Italia borghese distruggendola dall’interno, con una sceneggiatura dove sono riconoscibili rimandi ai Monty Phiton e Woody Allen, ma ben innestati nella realtà sociale del Belpaese, con modi di dire, ” come è umano lei”, “venghi ragioniere” entrati a far parte del linguaggio, e il termine fantozziano nuovo aggettivo della nostra lingua. Se davvero vogliamo essere pignoli e trovarvi qualche difetto, riguarda, a mio modesto parere, certe gag tirate per le lunghe e alcune ripetitive, per il resto film epico, soltanto nel finale il nostro ha un sussulto d’orgoglio…ma finisce nell’acquario.
Dopo una serie di sketch scritti dallo stesso Paolo Villaggio, nel 1968, per Quelli della domenica, nel 1971 ne trae un libro edito dalla Rizzoli, che già alla sua uscita era deciso farne un film, cosa che puntualmente avvenne quattro anni dopo con il grande Luciano Salce in cabina di regia, scritto da Villaggio – Salce – Benvenuti – De Bernardis. Fantozzi, un personaggio talmente grande da condizionare l’intera carriera di Villaggio. Una pellicola che è commedia italiana pura e specchio di una nazione, che a pensarci bene rideva di Fantozzi perché era più facile che ridere di noi stessi.
Una sola parola, “smito“. Buona visione
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