«Ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora Dio il Signore fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: “Questa volta è osso delle mie ossa, carne della mia carne. La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta”». (Gn 2, 20-23)
Senza alcuna intenzione o pretesa di proporre una riflessione esegetica, dinnanzi ad uno dei drammi del tempo in cui scandiamo i nostri passi, il fenomeno dei femminicidi conduce ad una riflessione che deve aiutare a recuperare significato guardando all’inizio della creazione della donna, di cui racconta la Parola di Dio. L’immagine della costola vuole esprimere al meglio l’intimo rapporto tra uomo e donna e la profondità del progetto di Dio sull’amore umano. Una dualità che non è dualismo, una reciproca unicità che rimane tale e che viene esaltata dal riconoscersi creature poste sullo stesso piano, fianco a fianco, costola con costola. Non è una creazione differente o divergente, ma è l’affermazione di un’uguale dignità. Non è una creazione inferiore, non è una creazione sminuita dell’immagine del Creatore. Dove trova posto, oggi, la creazione della donna? Dove leggiamo il realizzarsi dell’intento di Dio sommersi da ripetute violenze brutali?
Si cercano le motivazioni per cui oggi i femminicidi sono così tanti, così diffusi, così orientati a coinvolgere anche i più giovani. Si dimentica che la violenza non può e non deve trovare una motivazione, perché farlo significherebbe addurre una giustificazione che non può e non deve esserci. Ma uno sguardo ad alcune dinamiche, ad alcuni vizi nell’agire, a tanti capricci esauditi, ad un’educazione troppo priva di ‘no’, ad un linguaggio pericolosamente possessivo (la mia donna, la mia ragazza…), ad una crescita male accompagnata, ad un’idea ancora dominante del ‘figlio maschio’, a un non riconoscimento dell’essere pari.
La società è ancora troppo ferma ad una divisione dei ruoli, che non riguarda l’essenza del maschile e del femminile, ma potenzia la distorsione della dominanza dell’uomo e, come assistiamo ormai quotidianamente, esaspera il fenomeno del patriarcato. Ancora troppe mamme sono esasperatamente accudenti verso i figli maschi, incapaci di rifarsi un letto, stirarsi una camicia o riscaldare una tazza di latte (e non li aiuta neanche il microonde!!!…), giustificative e complici (la cronaca degli ultimi giorni è, a dir poco, aberrante) di gesti assurdi. Troppi padri ancorati all’idea che il raggiungimento di tanti ruoli di responsabilità e successi delle donne, indeboliscono l’ego virile dei figli maschi che, non trovando più spazio per se stessi, reagiscono con esasperazione e falliscono negli studi. Si potrebbe continuare ad elencare esempi di educazione mancata che conducono all’inettitudine. Ci si chiede come reagisce la società. Sì, si manifesta, si sfila per le strade facendo finalmente rumore, perché i lunghi silenzi apparentemente vestiti dal rispetto, hanno prodotto il moltiplicarsi della violenza, hanno autorizzato ad andare avanti, sono divenuti complici. Ma una grossa parte della società rimane pericolosamente zitta favorendo il dilagare del male. Gli studenti delle scuole tacciono, impigriti dall’idea del ‘ma noi cosa possiamo fare?’ e dalla disgustosa (si scusi la franchezza!) protezione familiare. La maggior parte degli educatori lascia lo spazio destinato al dialogo ad altri strumenti (i social, i talk show…). E la comunità cristiana inorridisce… tacendo. Non una frase durante le omelie, non una preghiera per le vittime e i colpevoli. Forse si pensa che tocchi soltanto ai tribunali.
La verità trova ancora poco spazio, non è urlata abbastanza. Si cede il passo al buonsenso (!?), al ‘non è opportuno’ (!?), al ‘non tocca a me’ (!?). E non è ancora urlata la forza e la determinazione del ruolo della donna nella storia, nella vita, nella Parola di Dio.
C’è un’immagine biblica, che nella liturgia della Settimana Santa, colpisce e può essere d’aiuto alla riflessione. Gesù caricato dalla Croce percorre la strada che lo condurrà al Calvario; molti lo seguono, pochi lo sostengono, tanti lo abbandonano, pochissimi soffrono per Lui e con Lui. «Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Cleopa e Maria di Magdala» (Gv19, 25), quattro donne. Sono quattro donne che rischiano la vita (nella cultura di quel tempo!), che non cercano protezione, che non fermano il cammino del loro amore per Gesù. Sono donne che vivono e conoscono il loro tempo e il loro ruolo, sono donne che valorizzano il loro essere presenti nella creazione.
Dalla costola di Adamo alla Croce di Gesù la donna è presente e coadiuvante nel piano di Dio e, come recita in una delle sue poesie Mariangela Gualtieri , le donne “Sono opera intera d’un amore trapuntato di stelle”.
Immagine in evidenza: Eva viene estratta già formata dal fianco di Adamo (Lorenzo Maitani e bottega, dettaglio della facciata del duomo di Orvieto).