L’appello dell’Arcivescovo dopo l’incidente alla Sonatrach

L’ultimo incidente avvenuto nella zona industriale di Siracusa, con il ferimento di due operai della Sonatrach (ex Esso, oggi di proprietà algerina), ha spinto l’arcivescovo metropolita di Siracusa, monsignor Francesco Lomanto, a intervenire con fermezza sull’accaduto:

«Non possiamo abituarci agli incidenti sul lavoro – ha dichiarato – né rassegnarci all’indifferenza verso gli infortuni. Non possiamo accettare lo scarto della vita umana. Le morti e gli infortuni sono un tragico impoverimento sociale che riguarda tutti, non solo le imprese o le famiglie coinvolte. Come ci ha ricordato Papa Francesco nel settembre 2023, dobbiamo guardare alla vita umana come al bene più prezioso che abbiamo. In questo momento di apprensione per l’incidente al polo petrolchimico di Priolo, sono vicino con la preghiera a Simone e Andrea, i due operai coinvolti, ai quali auguro una pronta guarigione. La mia vicinanza va anche alle loro famiglie e all’azienda».

L’accaduto riporta inevitabilmente alla memoria la recente visita del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, nella sede di Confindustria Siracusa. Durante il suo tour tra le principali crisi industriali della Sicilia, il ministro ha accolto l’invito del presidente Gian Piero Reale per un confronto con il tessuto produttivo locale, segnato oggi da incertezze, dismissioni e progetti di riconversione green.

Un territorio che, quattordici lustri fa, vedeva nel petrolchimico una promessa di riscatto sociale e che ora fatica a immaginare un futuro concreto. C’è chi teme che, a causa della riduzione degli investimenti e della conseguente carenza di manutenzioni, gli incidenti sul lavoro possano aumentare. Altri, invece, confidano in una «decrescita felice», affidandosi a strumenti assistenziali per ridurre la presenza industriale – come nel caso di Sosoil (controllata sudafricana) – o ai piani di riconversione ecologica annunciati, tra gli altri, da Eni-Versalis (partecipata pubblica).

In questo contesto, la visita del ministro Urso ha visto le imprese denunciare le difficoltà legate agli elevati costi dell’energia elettrica e alla “tassa sull’anidride carbonica” (CO₂), elementi che penalizzano la competitività dei loro prodotti. I sindacati, dal canto loro, si interrogano sul significato strategico – per l’Italia e per l’Europa – dell’abbandono della chimica di base, a favore di logiche di mercato poco trasparenti. Un interrogativo che rievoca l’emblema delle mascherine, prodotte quasi esclusivamente in Cina negli anni del Covid.

Urso quindi, Cireneo o Pilato di un sistema in crisi? È venuto per aiutare il territorio a portare la propria croce o, al contrario, per lavarsene le mani nel nome di un’industria sempre più delocalizzata?

 

  • Immagine in evidenza: Archivio fotografico Cammino
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