Papa Leone XIV: “Considero un dono di Dio che questo mio primo appuntamento con voi  sia nel giorno del Buon Pastore… ” (11.05.2025)

In questo anno C del lezionario festivo a ciclo triennale, la Liturgia ci fa ascoltare una brevissima pericope tratta dal celebre discorso di Gesù sul “Buon Pastore”, contenuto nel decimo capitolo del Vangelo giovanneo.

Si tratta di una grande allegoria nella quale il Signore stesso si presenta come Pastore Buono, venuto a donare la propria vita per le pecore, perché esse ricevano vita in abbondanza. Gesù, che pur ha chiamato tra i primi propri discepoli alcuni pescatori, e li ha costituiti metaforicamente “pescatori di uomini”, descrive se stesso ricorrendo all’immagine di un pastore, che si prende costantemente cura di ciascun componente del gregge a lui affidato.

Lo stemma cardinalizio di Prevost oggi papa Leone XIV

Dopo aver spiegato che il vero pastore entra nell’ovile passando legittimamente dalla porta, e non furtivamente come un ladro o un brigante, Gesù ha introdotto il tema del riconoscimento, da parte del gregge, della rassicurante voce del loro pastore, che le conosce bene perché le ama individualmente e tutte insieme, come dimostra il fatto che sa chiamare ciascuna col proprio nome. E per questo amore, le pecore si fidano di lui: lo ascoltano e lo seguono.

Citando proprio questa pagina del Vangelo, il neoeletto papa Leone XIV nella sua prima benedizione Urbi et Orbi alla loggia della basilica vaticana ha ricordato che Cristo è «il Buon Pastore che ha dato la vita per il gregge di Dio». Il dono della propria vita per amore è l’opera che il Buon Pastore compie per noi, senza risparmiare nulla.

In questa domenica, udremo Gesù affermare ancora una volta con potenza: «Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano» (Gv 10,28). E la vita eterna coincide con la vita dell’Eterno, che è Dio, quindi con la stessa vita divina. Non potrebbe esistere un dono più grande e più prezioso di questo.

Nessun “ladro o brigante”, come lo spirito del mondo e il principe delle tenebre, che tanto imperversa per strappare le nostre anime a quel legame con Cristo che assicura la vita eterna, può avere maggior potere di Colui «che è più grande di tutti»: perciò «nessuno può strapparle dalla mano del Padre» (Gv 10,29).

E poiché «siamo tutti nelle mani di Dio», come ha detto il Santo Padre Leone ancora nel suo primo messaggio alla Chiesa e al mondo, nessuno potrà mai strapparci dalle sue mani: la nostra esistenza è tutta racchiusa nell’amorevole custodia di quelle mani, la cui forte presa non cede nemmeno se le attraversano i chiodi di una croce. Anzi, proprio quel preziosissimo Sangue che fuoriesce dalle mani forate del Crocifisso ci ottiene salvezza e redenzione.

Il brano evangelico della liturgia odierna si conclude con la frase di Gesù: «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30). Come si legge in un sermone di Sant’Agostino, l’Esposizione sul Salmo 127«In Illo Uno unum» (cioè «In Colui che è Uno, siamo uno»): l’unità delle Persone Divine è modello perfetto dell’unità fra gli uomini, è il fondamento dell’unità della Chiesa e il suo ideale più elevato. Proprio queste parole ha scelto il nostro nuovo pontefice agostiniano come motto e programma del proprio ministero.

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