Nella Messa di questa domenica, il Vangelo ci riporta nell’atmosfera intima e familiare, ma anche drammatica, dell’ultima cena di Gesù con i suoi apostoli, nell’imminenza del suo arresto e quindi in prossimità della sua passione, offerta e sofferta per amore e per la salvezza di tutti gli uomini.

Il contesto immediato delle parole che il Signore pronuncia in questo brano è quello della prospettiva oscura del tradimento di Giuda, che immediatamente prima ha abbandonato il cenacolo, senza dare spiegazioni, né a Gesù né ai suoi amici.

Il clima è certamente teso, vibrante di un’attesa che forse mette un po’ di paura, o quantomeno di sospensione, nel segreto del cuore di ciascuno dei presenti. Ma ecco che, proprio al centro di questa situazione, la voce del Maestro risuona con il suo tono sempre rassicurante, confortando e confermando i discepoli sulla via che essi ormai hanno deciso di percorrere dietro a Lui fino alla fine.

Gesù, anche stavolta, ma forse ancor più di sempre, riserva per loro accenti di amicizia sincera, con tutto il calore umano e divino di chi avverte la responsabilità di non abbandonare chi lo segue. Al contempo, si sente, nelle parole di Gesù, anche con un velo di rammarico, in vista del loro abbandono, quando fuggiranno smarriti e si disperderanno impauriti.

L’evangelista annota le parole potenti, solenni, che Gesù pronuncia in questa sorta di suo “testamento spirituale”, donato agli amici più legati a Lui. Non parla di sofferenza, di morte, di tristezza. Al contrario, parla di gloria. Fa intendere agli apostoli che per Lui è finalmente giunta quell’ora alla quale si è preparato per tutta la vita, e nella quale si raggiunge l’apice di tutta la sua missione sulla terra. Non vuole che i suoi attendano soltanto la resurrezione e l’ascensione per riconoscere la sua glorificazione, ma li invita a scorgere già dentro la prova, la crisi, la tristezza di queste ore angosciose un bagliore di luce divina, impercettibile al mondo e alla mentalità umana.

«Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito» (Gv 13,31-32): subito, in quella buia notte del Giovedì Santo, subito si scorge la gloria, l’epifania della santità di Cristo, la pienezza della sua onnipotenza, che si rivela nel gesto supremo ed eroico di sacrificare la propria vita per amore dell’umanità. Il Figlio dà gloria al Padre, il Padre dà gloria al Figlio: in questa divina unità di intenti, risplende la conformità totale della volontà di Gesù a quella di Colui che lo ha inviato nel mondo, in quel mondo che ha tanto amato, seppure così turbolento, tra la fragilità della sua carne e l’avanzare delle sue tenebre.

Ci vorrà tempo perché gli apostoli, e noi cristiani, comprendiamo che l’ora della croce corrisponda all’ora della gloria, e che la passione è integrata nell’unico grande mistero pasquale di morte e resurrezione: del resto, stiamo ascoltando questo Vangelo in una domenica del tempo di Pasqua, e quindi la luce del Risorto illumina gli occhi del nostro spirito, fornendo la chiave di lettura adeguata.

La conclusione di questo brano contiene il messaggio principale sia di questo discorso che di tutto il cristianesimo: Gesù desidera che non rimaniamo immobilizzati nell’osservare la sua glorificazione in modo distaccato, ma che ne sperimentiamo direttamente tutta la dinamica d’amore che Egli ci insegna col suo esempio. «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,34-35): comandamento tutto suo e tutto nuovo, non imposto a parole sulla base di discorsi teorici, ma dimostrato con i fatti, con la sua vita concreta.

Gesù chiede che ci amiamo reciprocamente, “come” Lui ha amato noi: e quel “come” è evidentemente riferito a dare la vita. L’amore scambievole è la misura di quel prezzo che il Signore ha pagato per noi: un amore che ha il potere di irradiare sul mondo intero la luce di una testimonianza autentica, credibile, coinvolgente, capace di rendere riconoscibile nei cristiani che si amano davvero l’un l’altro la loro identità di appartenenza a Cristo.

 

  • Foto in evidenza: archivio Cammino
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