Titolo della settimana: Sully, 2016 di Clint Eastwood.
È la mattina del 15 gennaio 2009, Chesley Sullemberg, per tutti Sully, comandante con 42 anni di volo all’attivo, salva la vita a 154 passeggeri, equipaggio compreso, del volo A320, partito da La Guardia, NY, con destinazione Charlotte, dopo che, appena decollato, un gigantesco stormo di uccelli, colpiti in pieno, sono causa del blocco totale dei motori.
In 208 secondi Sully e il suo secondo si rendono conto che il rientro è impossibile e optano per l’ammaraggio sul fiume Hudson. Come sempre Clint ripulisce il racconto da ogni possibile retorica e ci dona un’altra pagina di grande cinema di una carriera leggendaria, sia come attore che come regista.
Clint, eccetto la scena dell’ammaraggio, girata come si gira in paradiso, evita spettacolarizzazioni, e affronta un episodio unico, trovando il giusto equilibrio tra la storia pubblica, mass media, indagini, dibattiti e quella privata; su tutto le telefonate di Sully con la moglie, anche lei messa a dura prova, quando, incredibile ma vero, il dipartimento del trasporto accusa il marito di incompetenza e scelta azzardata. Tenendo il ritmo della pellicola molto alto, nonostante quasi tutto lo svolgimento è girato in interni.
Clint attacca ancora una volta il sistema statunitense, un sistema marcio che ha bisogno di un capo espiatorio, sempre e comunque, che anche di fronte all’evidenza volta le spalle al cittadino, in questo caso Sully, per interessi economici e di facciata. Sully è uno straordinario Tom Hanks, e dopo averlo visto in azione ci viene difficile immaginare un altro in questo ruolo, che arriva subito dopo un’altra, l’ennesima, maiuscola prova, quella dell’avvocato Donovan nel Ponte delle spie di Spielberg. Completano il cast Aroon Heckart, Anna Gunn, e la fedelissima Laura Linney. Il finale con le parole del vero Sully è la testimonianza dell’umanità dell’uomo prima ancora del pilota. A Clint bastano 95 minuti per un film memorabile.
Buona visione