I giornali, radio, televisioni, tutto il mondo ne aveva parlato di quest’uomo, questo grande scienziato che era riuscito a sconfiggere il dolore e le umane sofferenze, a svuotarle dall’anima. La novità consisteva nella tecnica adottata, assolutamente straordinaria e impossibile agli altri da mettere in pratica.  Si diceva che avesse inventato un metodo semplicissimo: invitava i suoi pazienti a stendersi sul lettino e li stimolava a liberarsi dalle pene parlandone per ore e ore. Non un semplice psicologo, ma molto di più..

La signora entrò nello studio con passo incerto, intimidita dalle tante targhe e onorificenze esposte in bell’evidenza sulle pareti. “Venga, venga!” la incoraggiò il medico porgendole il braccio. Riceveva di persona i suoi pazienti, non voleva  segretarie o infermiere a fare da intermediarie; preferiva avere un rapporto diretto, mettere a proprio agio le persone già dal momento in cui andava ad aprire la porta. Con molta delicatezza le disponeva gradatamente, senza traumi, affinché l’operazione avesse maggiori possibilità di successo.

“Dottore, ho paura” gli confidò la signora sorreggendosi al suo braccio.

“E di che? Si sieda, si rilassi. Gradisce un biscottino? Prenda.”. Le porse un vassoio con  biscotti.

“È tutto così… strano qui, sembra un salotto”.

“Ah! ah! ah!” sorrise con soddisfazione il medico. “È vero, ho voluto la carta da pareti a fiori, con colori vivaci, perché trasmette allegria. Basta con gli ambulatori freddi, cupi, spersonalizzati. C’è bisogno di freschezza, di innovazione, di energia positiva”.

“Mi hanno riferito che lei è un vero genio”.

“Oh, non esageriamo” disse l’uomo schermendosi, “cerco di fare del mio meglio. Prego, prenda un altro biscottino”.

“Grazie. Sono buonissimi”.

“Apro le finestre” disse il medico, “c’è una splendida giornata di sole, mi piace la luce. Quando ho tempo amo fare lunghe passeggiate in montagna”.

“Anch’io amo la montagna” approvò la donna.

“Bene. Si sente rinfrancata ora?”.

“Beh, un po’  di paura ce l’ho ancora”.

“Stia tranquilla, uscirà da qui con l’animo rimesso a nuovo. È così breve la vita, perché sprecarla convivendo  con il componente meno piacevole di essa quale il dolore? Io ho trovato il modo di imprigionarlo, il dolore, affinché i miei pazienti possano liberarsene definitivamente”.

“Lo so, ho letto i giornali, ma non ho ancora capito come fa”.

“Semplicissimo” disse il medico intanto che la faceva sdraiare sul lettino, “Imprigiono le lacrime della gente dentro le mie speciali ampolle. Induco i miei pazienti a piangere fino a quando i loro occhi non hanno strizzato anche l’ultima goccia. È  lì che si annida il dolore, nelle lacrime. Le lacrime si riciclano come l’acqua piovana, evaporano e poi, condensandosi, sgorgano di nuovo dai nostri occhi. Ma se riusciamo a imprigionarle, interrompendo quindi tale ciclo perverso, le avremo sconfitte definitivamente e con esse, anche il dolore”.  Finito di esporre la sua teoria, l’uomo spruzzò una sostanza irritante sugli occhi della paziente. Da essi fuoriuscirono tante di quelle lacrime da riempire in breve due ampolle di vetro. “Abbiamo già finito” disse invitandola a rialzarsi, “ più facile che estrarre un dente cariato”.

La donna pagò la parcella e andò via soddisfatta. Il medico prese le ampolle con estrema cura e andò a depositarle nell’altra stanza, dove erano immagazzinate tutte le altre. Le ampolle, in fila nello scaffale, brillavano sotto i riflessi del sole. Si soffermò a contemplare il frutto della sua genialità, ma ecco che un colpo violento di tosse lo fece piegare in avanti e con la mano andò a urtare la prima ampolla di sinistra, la quale cadendo, finì contro quella accanto e così via in una sfortunata reazione a catena. Le ampolle si infransero rovinosamente contro il pavimento inondandolo di lacrime. Si sentì un urlo terrificante, incontenibile, come se tutto il dolore umano, concentrato in quella misera stanzetta, esplodesse facendo crollare l’intero palazzo.

(*) Ringraziamo l’autore, vincitore di numerosi riconoscimenti nazionali, per averci offerto questo contributo letterario inedito in tempi di Coronavirus.

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