Alla fine Luis Sepùlveda non ce l’ha fatta.
Sopravvissuto al regime di Pinochet, non è riuscito a sopravvivere al Coronavirus che ci ha tolto uno dei più grandi autori poliedrici della letteratura. Ho avuto la fortuna di conoscere personalmente lo scrittore cileno, durante i miei tre anni vissuti a Palermo, e ne conservo un bel ricordo per la sua gentilezza e disponibilità nei confronti di un giovane frate francescano a cui brillavano gli occhi per questo incontro inaspettato.
In questa rubrica non potevo che ricordare il Sepúlveda poeta, forse meno famoso ma di una intensità straordinaria.
La scelta è caduta su “La più bella storia d’amore”, dedicata dallo scrittore alla storia d’amore insieme alla moglie Carmen e tratta dalla raccolta “Poesie senza patria”, edita in Italia da Guanda nel 2003.
La riporto semplicemente nel suo testo, senza ulteriori fronzoli e commenti poiché so già che riuscirete a coglierne la non comune ricchezza.
“La più bella storia d’amore” di Luis Sepùlveda
L’ultima nota del tuo addio
mi disse che non sapevo nulla
e che arrivavo
al tempo necessario
di imparare i perché della materia.
Così, fra pietra e pietra
seppi che sommare è unire
e che sottrarre ci lascia
soli e vuoti.
Che i colori riflettono
l’ingenua volontà dell’occhio.
Che i solfeggi e i sol
raddoppiano la fame dell’orecchio
Che è la strada e la polvere
la ragione dei passi.
Che la via più breve
fra due punti
è il giro che li unisce
in un abbraccio sorpreso.
Che due più due
può essere un pezzo di Vivaldi.
Che i geni gentili
stanno nelle bottiglie di buon vino.
Una volta imparato tutto questo
tornai a disfare l’eco del tuo addio
e al suo posto palpitante scrissi
la Più Bella Storia d’Amore
ma, come dice l’adagio,
non si finisce mai
d’imparare e aver dubbi.
Così, ancora una volta
facilmente come nasce una rosa
o si morde la coda un a stella cadente,
seppi che la mia opera era scritta
perché La Più Bella Storia d’Amore
è possibile solo
nella serena e inquietante
calligrafia dei tuoi occhi.
Credito immagine in evidenza: Ilmeglio.it