Titolo della settimana:Roma città aperta di Roberto Rossellini, anno 1945.

La capitale, ieri e … oggi? Difficile per chiunque, sopratutto per me, trovare qualcosa che non sia stato detto o scritto su uno dei film che insieme a Ladri di biciclette apre ufficialmente la stagione del Neorealismo, ossia quel tipo di cinema che porta la troupe nelle strade, tra la gente comune che anch’essa si trasforma in attori: tra quelle strade che hanno visto in diretta,dal vivo scorrere il sangue, il sudore; che hanno visto stampata la paura e poi la gioia degli italiani di tutte le età e tutte le estrazioni sociali esultanti dopo aver riacquistato la libertà.

Il film che non a caso proponiamo oggi,  fa’ parte della trilogia che Rosellini dedica al secondo conflitto mondiale, gli altri due titoli sono Paisa’ e Germania anno zero. L’idea del film nasce durante la guerra e si sviluppa attraverso una serie di incontri del regista e i suoi amici e fidati sceneggiatori Amidei e Consigli ai quali si aggiunge strada facendo un certo Federico Fellini.  Il nuovo e rivoluzionario  modo di fare cinema introdotto da questo film è dettato dalla capacità del regista di fare di necessità virtù per poter sopperire ai pochi soldi e dei pochi mezzi a disposizione visto che anche Cinecitta’, ossia la nostra Hollywood era fuori uso anzi veniva usata come rifugio dalla popolazione. Se a tutto questo aggiungiamo anche i contrasti tra gli sceneggiatori possiamo capire il risultato raggiunto dalla  pellicola incredibilmente Palma d’oro a Cannes e nomination agli Oscar per la miglior sceneggiatura originale. Nel film si intrecciano le storie di Don Pietro, un grande Aldo Fabrizi , Francesco un ingegnere simpatizzante comunista la sua compagna Pina, Anna Magnani, e il figlio di lei Marcello. Rivedendo oggi Rca si respira la storia con la esse maiuscola : l’occupazione tedesca, i rastrellamenti, le esecuzioni vigliacche,la fame e i soprusi ma dall’altra parte ammiriamo il coraggio, la solidarietà e la forza di non mollare.

E questo messaggio viaggiando nel tempo giunge forte e chiaro anche a noi: almeno tre, secondo chi scrive, sono le scene da consegnare alla storia del cinema: la disperata corsa di Anna-Pina-Magnani che muore inseguendo la camionetta con dentro il suo uomo; la fucilazione di Don Pietro sotto gli occhi dei suoi ragazzi; il ritorno di questi ultimi in città. Tre immagini  indelebili del nostro cinema che il mondo ancora oggi ci invidia per un film da far vedere nelle scuole per non dimenticare e per non mollare. Buon 25 aprile dal nostro giornale

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