Giovedì Santo, giorno del Mistero insondabile dell’Eucarestia. L’Eucarestia è il punto culminante di quel doloroso e appassionato cammino di quel Dio che “è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Lc 19,10). È l’espressione suprema di un amore infinito: “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13,1).
Per raggiungere l’uomo, il Verbo eterno “si fece carne” (Gv 1,14). Si è “svuotato” (Fil 2,7) della sua grandezza divina, della sua onnipotenza, e ha assunto la povera e precaria natura umana.
Mistero ineffabile della Incarnazione! Dio che condivide la nostra fragile umanità. Dio nella nostra stessa barca. In questo nostro tempo tempestoso lo sentiamo vicino come non mai. Questo Dio che piange davanti alla tomba del suo amico Lazzaro. Questo Dio che condivide tutto il dramma dell’uomo. Nel Getsemani “cominciò a provare tristezza e angoscia. E disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte»” (Mt 26,37-38). Nella nostra condizione attuale, connotata da “tristezza e angoscia”, non siamo soli.
Ma il Signore non ci salva dal dolore, ci salva invece nel dolore. Dà un senso al nostro dolore, ci infonde coraggio e speranza. Non ci salva con un gesto eclatante della sua onnipotenza, ma ci salva con la sua debolezza, con la sua Croce. Egli ha toccato il fondo dell’abisso del dolore per raggiungere l’abisso del cuore umano e per portarlo alla salvezza. Ha raggiunto l’angoscia della morte, la tenebra del sepolcro, è “disceso agli inferi”. Solo così ha potuto sconfiggere la morte e il peccato, di cui Lui si è fatto carico, ed è potuto entrare nella gloria, portando in cielo la nostra umanità.
L’abisso del dolore di Cristo è espressione del suo infinito amore per l’uomo. Il culmine di questo amore Egli lo dimostra con il dono di sé a noi, con il dono del suo Corpo e del suo Sangue per la salvezza del mondo. Egli si è fatto Pane per noi, per sfamare la nostra fame di verità, di giustizia, di amore. Si è fatto Pane di vita eterna, per sfamare la nostra fame di eternità. Si è fatto Pane che ci sostenta, ci corrobora e ci accompagna nel nostro difficile pellegrinaggio terreno. Ecco perché l’Eucarestia è il Mistero dolcissimo e abissale che risplende nel Giovedì Santo.
Getsemani e Cenacolo sono intimamente congiunti. Cristo dona la sua vita per noi. In un duplice senso: non solo Egli muore per noi, ma comunica a noi la sua stessa vita, cosicché noi diveniamo inscindibilmente uniti a Lui, come i tralci sono uniti alla vite e vivono della stessa linfa vitale del tronco. Egli ci dice: “Rimante in me e Io in voi” (Gv 15,4). Nella bufera, noi rimaniamo “in Cristo”. E allora potremo dire, con San Paolo: “Siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi” (2 Cor 4,8-9).
A Gesù Cristo noi eleviamo la nostra struggente preghiera: “Resta con noi, Signore!” (Lc 24,29).
Nella foto in evidenza: Altare della Reposizione, Chiesa della Natività (Monastero delle Sacramentine) – Sortino 2019.