PEI semplificato o PEI differenziato, quali le differenze.
Un corso di aggiornamento di alto profilo sui PEI –piani educativi individualizzati- si è svolto lo scorso mese di maggio ad Acireale (CT) grazie all’associazione 20 novembre 1989.
Il PEI è il documento fondamentale che indica e vincola la scuola e gli enti preposti, scrivendo nero su bianco, a realizzare tutto quanto l’alunno o l’alunna con disabilità necessita per avere una istruzione e una educazione scolastica e relazionale performanti ovvero, rispettando i tempi e le risorse di ognuno di loro.
Purtroppo molti genitori di alunni e alunne con disabilità non sanno cosa sia, non sanno quali siano i diritti loro e dei loro figli nel merito e capita anche che non si tenga debitamente in considerazione, qualora si debba modificare qualcosa per migliorare gli apprendimenti di chi ne è destinatario, con il risultato finale che non si fa progredire l’alunno o l’alunna con disabilità nelle sue varie fasi di crescita.
Lo scopo del seguente articolo e dei successivi, sul tema specifico, è proprio quello di dare uno strumento in più ai nostri lettori, per potere avere maggiori conoscenze e poter affrontare con più serenità, senza essere necessariamente uomini di legge ma semplicemente persone informate, le questioni ad esso, il PEI appunto, inerenti.
I relatori sono stati il presidente della First –federazione italiana rete sostegno e tutela della disabilità- avv. Maurizio Benincasa e Indira Portale, docente di sostegno e già formatore presso il MIM –ministero dell’istruzione e del merito-.
Prendendo spunto dalla definizione degli alunni BES –bisogni educativi speciali-, si sono individuate tre macroaree, per cui si è partiti dagli alunni e dalle alunne con legge 104/92 con disabilità di vario tipo e per cui si redige il PEI –piano educativo individualizzato-, passando per i ragazzi e le ragazze con DSA –disturbi specifici dell’apprendimento- con dislessia, disotrografia, discalculia, ecc… per cui si redige il PDP –piano didattico personalizzato-, per arrivare agli alunni e alle alunne che hanno condizioni di svantaggio socio-economico-culturale o sono NAI –neo arrivati in Italia- per cui si redige sempre il PDP. La loro difficoltà nell’affrontare gli argomenti scolastici proposti è comunque diversa rispetto agli alunni e alle alunne con DSA e rispetto a quelli e a quelle che hanno il PEI.
La prima cosa che deve fare un insegnante è osservare gli alunni e le alunne. Dall’osservazione nel contesto educativo dell’alunno/alunna, che segue tutti i limiti dell’osservatore, biologici, ambientali e culturali, ma rimane uno strumento importantissimo per poter evincere eventuali disturbi dell’apprendimento dell’alunno/a, si passa per lo screening, ovvero la metodologia di rilevazione successiva che scorge preventivamente un disturbo sulla base di evidenze comportamentali dello studente.
Lo screening dunque, non è una diagnosi ma una metodologia di rilevazione che è in grado di predire un disturbo sulla base della presenza di un segno critico individuato in precedenza (Screening = Monitoraggio).
Non si tratta di fare una diagnosi, ma di porre le basi per un programma educativo di recupero. Dopo aver fatto lo screening, occorre la terza fase nella quale occorre utilizzare tutti gli strumenti necessari per lo screening come, ad esempio, il questionario osservativo dell’identificazione precoce delle difficoltà di apprendimento nella scuola dell’infanzia e l’ICF (international classification of fuctioning, disability and healt), ovvero la classificazione internazionale della disabilità e della salute dell’OMS (organizzazione mondiale della sanità). Il modello su cui si ispira l’ICF è quello bio-psico-sociale che parte dalle abilità della persona disabile (cioè ciò che sa fare senza influenze esterne) e le mette in relazione sia a ciò che egli riesce a fare grazie ai facilitatori o alle barriere che lo circondano, sia in rapporto alle sue condizioni fisiche, mentali e strutturali.
Prima di passare ad analizzare le diverse tipologie di disabilità intellettiva, andiamo a vedere la prima cosa che deve fare un insegnante, per includere soprattutto gli alunni e le alunne BES.
Oggi a scuola ci si confronta con ragazzi e ragazze che hanno un vissuto esperienziale, già nella scuola secondaria di primo grado, molto forte per cui occorre lavorare sulle emozioni.
Far prendere consapevolezza delle proprie emozioni e controllare il corpo (ad esempio respirare profondamente), il comportamento (chiedere al docente se puoi uscire fuori un attimo per prendere un po’ d’aria) e il pensiero (pensare a qualcosa di piacevole, odori o suoni melodiosi).
Una delle cose più richieste dai genitori di alunni e alunne con disabilità è il passaggio da una programmazione scolastica che segue quella di tutta la classe, ad una programmazione scolastica che non la segue, ma più specifica in merito alla condizione della persona con disabilità.
La programmazione scolastica è quell’insieme di azioni volte a fare in modo che ogni alunno raggiunga il proprio successo formativo. In altre parole, prendendo spunto dalle indicazioni ministeriali, i vecchi programmi scolastici da seguire, si fa in modo che ogni alunno della classe studi gli argomenti per tramutarli, attraverso le conoscenze acquisite, in abilità e competenze, dunque saper fare, in relazione alle proprie condizioni e capacità.
Accade così che, quando gli alunni hanno una certificazione con la legge 104/92, a volte anche con art. 3 comma 3 e in aggiunta DM 26 settembre 2016, che evidenzia una persona con disabilità gravissima, si redige il cosiddetto PEI che, negli ultimi casi citati, si definisce differenziato, diversamente da quando il grado della disabilità che interessa una persona ha una valutazione di minore gravità. In questo ultimo caso si parla di PEI semplificato.
Cosa cambia nei due PEI? Diciamo subito che questa differenziazione è presente nella scuola secondaria di secondo grado. In merito alla scuola secondaria di primo grado, la scuola media per capirci, questa distinzione non viene fatta.
Citiamo una sentenza della Corte Costituzionale la n. 215/87 con la conseguente circolare ministeriale n. 262/88, richiamata nell’OM 90/2001 all’art.15 comma 4, secondo la quale agli alunni con disabilità anche in situazione di gravità, è riconosciuto il diritto alla frequenza delle scuole superiori. Secondo il parere del 10 aprile 1991 (prot. N. 348) del Consiglio di Stato, in risposta ad un quesito rivoltogli dal MIUR, viene specificato che gli alunni con disabilità grave hanno un “diritto allo studio” ma non anche il diritto al “titolo di studio”.
In buona sostanza, gli alunni con disabilità, anche grave o gravissima, hanno diritto allo studio ma non anche diritto al titolo di studio.
Per essere chiari. Un alunno con disabilità della scuola secondaria di primo grado, consegue un diploma o un attestato (se non svolge gli esami finali). Entrambi i documenti, danno la possibilità di iscriversi alla scuola secondaria di secondo grado.
Nella scuola superiore, i genitori dell’alunno con disabilità possono fare richiesta alla scuola, se fare seguire al/la figlio/a il percorso (semplificato) della classe con lo svolgimento di prove equipollenti (prove che seguono la programmazione delle classe con contenuti in relazione alle potenzialità dell’alunno, consentendo l’utilizzazione degli strumenti compensativi e dispensativi previsti nel PEI), o (differenziato) con lo svolgimento delle prove non equipollenti che daranno diritto ad un attestato finale ma non ad un diploma.
Infine, sempre secondo il Dlgs 153/2023, gli alunni con disabilità che seguono percorsi didattici differenziati nelle scuole secondarie di secondo grado possono, su richiesta delle famiglie o di chi esercita la responsabilità genitoriale, rientrare in un percorso didattico personalizzato con verifiche equipollenti alle seguenti condizioni:
- a) superamento di prove integrative, relative alle discipline e ai rispettivi anni di corso durante i quali è stato seguito un percorso differenziato, nel caso di parere contrario del consiglio di classe con decisione assunta a maggioranza;
- b) senza il previo superamento di prove integrative, nel caso di parere favorevole del consiglio di classe con decisione assunta a maggioranza.
Si evidenzia così l’importanza del consiglio di classe, in merito alla decisione di accettare o meno la richiesta dei genitori per il passaggio da un percorso di studi all’altro, che porti il/la figlio/a alla fine della scuola superiore.
- Nella immagine in evidenza: da sinistra Michela Finocchiaro delegata associazione 20 novembre 1989-Maurizio Benincasa e Indira Portale