Il nostro percorso poetico fa tappa oggi su Guido Gozzano (1883-1916), poeta e scrittore piemontese associato alla corrente letteraria post-decadente del crepuscolarismo, in realtà sposata solo dopo il rifiuto della sua iniziale emulazione di Gabriele D’Annunzio e del suo mito del dandy. Questo passaggio poetico nasce soprattutto dall’incontro di Gozzano con il professore Arturo Graf e con la sua poesia amara ed ironica che influenza il poeta piemontese, tanto da allontanarlo definitivamente dalla poesia dannunziana. La lettura degli autori simbolisti di riferimento per il crepuscolarismo, completa la sua formazione letteraria e gli permette di raggiungere un suo modello poetico, nonostante rimanga legato ai temi dei crepuscolari: l’interesse verso le cose piccole e quotidiana, il rifiuto della poetica dannunziana, l’allontanamento dalla società, l’impossibilità di vivere una vita attiva, la malattia e la morte. Ma il poeta si distingue per il tono ironico e distaccato con cui affronta questi temi.

Ironia e distacco, dicevamo, che gli permettono una distanza da se stesso che gli evita di consegnarsi alla disperazione e che fa apparire la realtà e la poesia, semplicemente, per ciò che sono.

Persino l’amore sembra perdere la sua idealità. Gozzano appare incapace di amare: al posto di grandi passioni, meglio amori fugaci, fanciulle semplici, domestiche, cuoche. L’inganno è un tentativo fanciullesco di confondere la morte, nascondersi in un gioco di specchi, di fughe e mascheramenti per non farsi trovare.

La morte, però, lo troverà ben presto, strappandolo alla vita a soli 32 anni per quel mal sottile (tubercolosi polmonare) che lo affliggeva dal 1904 e che lo aveva spinto anche ad un viaggio in India nel 1912 con la speranza di trovare nel clima di quel paese sollievo alla malattia.

Per la nostra rubrica abbiamo scelto alcuni versi de “La signorina Felicita ovvero la Felicità”, poemetto narrativo più celebre di Gozzano dove sono racchiusi tutti i temi principali del crepuscolarismo.

 

Da La signorina Felicita ovvero la Felicità di Guido Gozzano

Sei quasi brutta, priva di lusinga

nelle tue vesti quasi campagnole,

ma la tua faccia buona e casalinga,

ma i bei capelli di color di sole,

attorti in minutissime trecciuole,

ti fanno un tipo di beltà fiamminga… […]

Vedevo questa vita che m’avanza:

chiudevo gli occhi nei presagi grevi;

aprivo gli occhi: tu mi sorridevi,

ed ecco rifioriva la speranza! […]

Tu non fai versi. Tagli le camicie

per tuo padre. Hai fatto la seconda classe,

t’han detto che la Terra è tonda,

ma tu non credi… E non mediti Nietzsche…

Mi piaci. Mi faresti più felice

d’un’intellettuale gemebonda…

 

Credito immagine in evidenza: La signorina felicità – ph. Andrea Macchia

 

Condividi: