Titolo della settimana: Miracolo a Milano ,1951 di Vittorio De Sica.

Pensate al favoloso decollo dei ragazzini sulle bici nel film ET, fu il genio artistico di Steven Spielberg a regalarci una scena rimasta indelebile nell’immaginario adolescenziale degli anni ’80 e di tutta la cultura cinematografica. Ma forse non tutti sanno che il regista-prodigio americano con quella scena volle rendere omaggio a Vittorio De Sica e a tutta quella meravigliosa stagione che fu il Neorealismo italiano. Infatti oltre ad essere la prima volta che De Sica, e penso unica, si affida ad effetti speciali, il film è un tentativo, peraltro ben riuscito, di trasportare il Neorealismo all’interno di una fiaba e viceversa. Tuttavia Miracolo a Milano è secondo me il film più sottovalutato della stagione  neorealistica. La pellicola segna anche il passaggio alla Commedia all’italiana, altra fase fondamentale del nostro cinema. Le scene furono girate nei pressi della stazione di Lambrate, dove esistevano delle vere baraccopoli, chiamate dai milanesi “Cade de toll” cioè Case di lamiera. Questo capolavoro ancora ha molto da dire se ci si ferma un attimo a pensare ai ricchi e ai poveri di oggi, e al divario sociale ancora esistente nelle varie periferie d’Italia e dell’opulento mondo occidentale. In quella periferia lombarda De Sica e il suo amico e storico sceneggiatore Cesare Zavattini trovarono il giusto ambiente per il film: una Milano nebbiosa e ancora ferita dalla guerra e il suo”popolo” delle baracche minacciato da un avido industriale. Il film inizia come una fiaba “C’era una volta”: …è la storia dell’orfanetto  Totò, trovato da dall’anziana Lolotta mentre sta annaffiando il suo orto. Quando quest’ultima si ammala e muore, Totò viene portato in orfanotrofio… . Questo film sociale e politico mascherato da favola fu premiato con la Palma d’oro a Cannes nel 1951, ennesimo riconoscimento per la carriera del De Sica che ricordiamo con Sciuscia’, Ladri di biciclette, Ieri oggi e domani, Il giardino dei Finzi Contini e che ha portato a casa ben quattro premi Oscar. Nel cast oltre al protagonista Francesco Golisano nel ruolo di Totò spiccano Emma Gramatica, leggenda del teatro italiano, e un sempre grande Paolo Stoppa. Quando fu presentato in Italia si assistette alle solite le critiche di stampo politico, che si divisero per i risvolti eversivi e per un abbandono del neorealismo da parte del suo padre fondatore, e, soprattutto, perché nel film era la tagliente denuncia delle condizioni precarie di Milano, tra crisi abitative e disoccupazione. Non sembri strano se il film fa trasparire una inquietante attualità. Se volete sognare o volare rispolverate pure questo film.

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