Il tempo dell’emergenza sanitaria Covid 19, che si è rivelato molto più lungo di ogni proiezione fatta, non può non interpellare la coscienza dei cristiani. Papa Francesco non si stanca mai di ripetere che è necessario rimanere uniti, guardare oltre, chiedere la salvezza. L’invito è anche quello di riuscire ad apprezzare la testimonianza di coloro che si spendono instancabilmente per gli ammalati: medici, infermieri, volontari…
C’è tanto dolore e tanto bisogno, ma ci sono anche tanti segni della presenza del Signore che giungono attraverso la semplicità e il servizio di chi è chiamato ad aver cura degli altri per la primaria vocazione al servizio. Sono centinaia i silenziosi testimoni dell’amore verso l’uomo più debole, ammalato, solo, ferito, stanco. Tante persone ogni giorno muoiono a causa della pandemia oramai tristemente nota a tutti e si rischia di perdere la speranza. La ricerca scientifica è impegnata ad avanzare velocemente nella ricerca e, al momento, l’unico spiraglio di luce sono i vaccini. Interpelliamo la dottoressa Antonina Franco, infettivologa e primario facente funzione per l’emergenza sanitaria Covid 19 all’ospedale Umberto I di Siracusa.
In che modo l’emergenza sanitaria nata con l’irruzione della pandemia Covid 19, interpella la sua coscienza di medico? La professione medica, che chiede una continua attenzione verso gli esserei umani, in che modo le fa ripensare la sua vocazione originaria?
Da più di un anno stiamo combattendo una guerra verso l’invisibile nemico che non da tregua, muta, si insinua dappertutto. Noi medici non abbiamo più vita normale. Sono saltate tutte le organizzazioni, non esistono più orari perché ogni secondo è importante. Nel settore specifico delle malattie infettive, sono presenti tre personaggi: il medico, il paziente il virus. Il paziente arriva terrorizzato, impotente dinnanzi al futuro ignoto, fragile, solo. Il primo dovere del medico è accogliere il paziente nella propria vita prima ancora che nel reparto, alleviare i sintomi tra cui la paura. Tanti ammalati di Covid mi passano davanti. Il loro stato d’animo è negativo. Il primo lavoro da fare è incoraggiare perché superare la paura è fondamentale per riuscire a lottare. Quando nel paziente subentra la dispnea, la tristezza invade tutta la sua psiche, scatta l’idea peggiore, “non ce la farò” e lo stato di arresa. Il Covid 19 chiede la lotta. Il virus vuole distruggere il paziente e il malato. rischia di rimanere nudo, privo di difese. Se il malato riprende fiducia, come un pugile sul ring dopo un k.o., se risponde alle terapie, se guarda con fiducia al domani, si riprende… Certamente qui entra in gioco anche la condizione generale con la quale di arriva in ospedale. C’è l’aggravante della solitudine, dell’assenza dei familiari che potrebbero dare una spinta in più, ma la situazione odierna non permette di accogliere visitatori nei reparti. Una sensazione mi è molto chiara. Ogni volta che vedi morire un paziente, muori un po’ anche tu. Il rischio è quello di perdere la speranza.
È molto acceso il dibattito sui vaccini che spesso, in seguito ad un uso errato dei mezzi di comunicazione, in particolare dei social, si trasforma in polemica. Lei pensa che questo sta contribuendo a provocare eccessive paure nella gente e possa rallentare i tempi previsti per la vaccinazione di massa?
Io dico assolutamente ‘no’ alla paura dei vaccini. È necessario che tutta la popolazione sia vaccinata. Dobbiamo arrivare almeno al 70% dei vaccinati, ma l’ideale sarebbe arrivare al 90%. La protezione anticorpale è fondamentale. Si sta studiando moltissimo sui vaccini, sulla loro durata, sulla capacità di copertura. Si va da l 65% di copertura con Astrazeneca al 95% con Pfizer. Tutti i vaccini in uso in varie parti del mondo sono validi: Moderna, Johnson & Johnson , Sputnik. Le varianti che aumentano e si moltiplicano ci dicono che il vaccino è necessario! È una guerra virologica. Dobbiamo essere consapevoli che da settembre 2020 ad oggi in Sicilia sono morte 4400 persone a causa del Covid 19, a Siracusa circa 400, peggio che la Seconda Guerra mondiale. E non dimentichiamo le altre conseguenze della pandemia: l’economia in ginocchio, le scuole in difficoltà, i disturbi psicologici e psichiatrici. Tante professionalità stanno andando a rotoli.
Esiste il ‘rischio vaccino’?
Il vero rischio vaccino può essere quello di uno shock anafilattico in seguito ad un’inaspettata allergia. Ad oggi non ci sono nessi con le morti avute. Ogni giorno tanta gente muore per le cause più differenti…
Come potremmo spiegare alla gente comune l’importanza dei vaccini nella società odierna?
I più colti devono aiutare i più deboli. Bisogna superare la schiavitù della notizia facile, la frenesia da social. Tutti devono collaborare. Il Covid 19 è una realtà terribile e violenta che solo il vaccino può arginare. Guardiamo anche al passato. I vaccini hanno debellato malattie tremende.
È esagerato dire che fare il vaccino è un dovere morale?
Il vaccino è ‘dovere morale e sociale’. È fondamentale per sé e per gli altri. I focolai si stanno moltiplicando perché la gente non si vaccina. Le varianti sono molto pericolose. Al momento, inoltre, è necessario l’uso delle mascherine, il distanziamento (almeno un metro e mezzo, due metri), evitare gli assembramenti, le feste, i luoghi d’incontro. A tutti è chiesto di rinunciare a qualcosa perché nessuno è esente dal possibile contagio. La lotta è di tutti. Genitori e figli devono collaborare con la consapevolezza che di Covid si muore.
Possiamo sperare di tornare ad una vita sociale normale?
Sì! Solo se si collabora tutti. Dobbiamo guardare al bene dell’uomo, non andare contro l’uomo stesso. Siamo tutti dipendenti l’uno dall’altro, come quando si scala una montagna in cordata: se cede qualcuno muoiono tutti.
Ringraziamo la dottoressa Franco per la sua disponibilità, per la sua riconosciuta professionalità e auguriamole di poter tornare al più presto ad una vita normale, svincolata dalla continua emergenza sanitaria e aperta a nuove mete professionali.