Titolo della settimana: Il Settimo sigillo, Ingmar Bergman, 1957.

Quando l’anello apri il settimo sigillo,  nel cielo si fece un silenzio di circa mezz’ora e vidi,  i sette angeli che stavano dinnanzi a Dio e furono loro date sette trombe”, è proprio la citazione dell’apocalisse che in modo suggestivo apre “Il settimo sigillo” di Ingmar Bergman e prepara lo spettatore.

Ognuno di noi nel cinema nell’arte  nella musica ha i suoi preferiti, soprattutto nell’era in cui viviamo circondati da televisioni radio e social ,stilare classifiche è diventato un vero e proprio sport nazionale. Parlando di cinema anche io a volte un po’ per gioco in po’ per passione redigo classifiche e confrontandole mi accorgo anche a distanza di poco tempo molti titoli scompaiono a favore di altri. Tuttavia tra questi c’è, come si usa dire, lo zoccolo duro.

Quelle pellicole che hanno segnato l’immaginario cinematografico. Una di queste è senza se e senza ma Il settimo sigillo. Il film del 1957 scritto e diretto da uno dei maestri del cinema Ingmar Bergman, cineasta svedese classe 1918, artista totale regista -sceneggiatore-tecnico visivo, ha regalato al mondo del cinema un patrimonio filmico ineguagliabile ancora oggi studiato e preso a modello. Tutti i film di Bergman sono consigliati a cominciare da Il posto delle fragole, film già trattato in questa rubrica. Ma torniamo al film di oggi,  in un Nord-Europa dove la peste e la disperazione la fanno da padrone. Antoninus Block e il suo fedele scudiero Jones, tornano dalle crociate in Terrasanta, quando, sulla spiaggia, a il cavaliere trova ad attenderlo la morte, che lo ha scelto per portarlo via. Block decide di sfidarla a scacchi per rimandare la sua dipartita. Ha bisogno di tempo. La morte acconsente. L’idea per questo film venne a Bergman mentre ammirava gli affreschi delle chiese medievali piene di menestrelli ambulanti, streghe al rogo, appestati, crociati e poi la morte che gioca a scacchi.

Il soggetto del film nasce come un atto unico da lui scritto nel1954 per l’accademia drammatica di Malmoe e solo qualche anno dopo, ascoltando “i carmina burana” di Carl Orff, scattò in lui l’idea per trarne un film. Più che il tema del trapasso a Bergman interessava, come spesso nella sua filmografia, il rapporto tra l’uomo e la morte e il percorso che porta il protagonista a confrontarsi con essa. In questo caso Antoninus Block, che possiede la fede ma è assalito dal dubbio causato da un periodo di crisi spirituale che durante il viaggio confida ad un monaco, cha altri non è che la morte stessa.

Tutto il film è di grande suggestione visiva per l’uso che il maestro fa’ della fotografia con luci ed ombre che si alternano in modo magistrale soprattutto durante la partita a scacchi tra il nostro eroe e la morte. Pellicola incredibilmente attuale, ecco i capolavori, perché oggi restando a casa e ora cercando di tornare alla   vita normale, tutti siamo tornati a giocare a scacchi contro di lei, e come Antoninus Block dobbiamo giocare d’astuzia senza  avere paura, rispettandola e cercando una buona azione anche aiutando chi è vicino a noi. Come Antoninus, al quale il tempo serve perché deve trovare risposte a domande che lo assillano: su Dio e sul destino dopo la morte. La partita si dipana in momenti diversi lungo la strada che lo porta al castello, attorno a lui una folla di personaggi spaventati dalla peste ma crudeli e meschini. Tra processioni di flagellanti e il rogo di una ragazza che si crede serva del demonio,  il cavaliere riesce finalmente a raggiungere il castello dove lo attende la moglie e dove insieme a lei, lo scudiero e un’altra donna consumeranno la cena, ma ben presto alla loro porta busserà la Morte. Nel luminoso bianco e nero di Bergman l’apocalisse non è la fine del mondo, ma significa Rivelazione, cioè tutto ciò che ci verrà svelato alla fine del percorso: l’angoscia del cavaliere è racchiusa nel silenzio alle sue domande e se questa risposta sarà “il nulla” non lo sapremo mai. Capolavoro “immortale” che parlando di medioevo e fede ci parla del senso della vita e del tempo, … per non sprecare niente.

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