La querelle sullo spostamento del quadro di Caravaggio “Il seppellimento di Santa Lucia”, richiesto in prestito per due mesi dal Mart di Rovereto, si arricchisce di nuovi elementi. Le associazioni che fanno parte del Patto civico di consultazione per la tutela del Caravaggio, hanno ribadito, in una conferenza stampa, perché il quadro non si dovrebbe muovere dalla città aretusea. In particolare, è stato evidenziato come sia indispensabile, per l’eventuale trasferimento, l’autorizzazione dell’Arcidiocesi di Siracusa.

Infatti, al di là della proprietà attribuita al Fec (Fondo Edifici di Culto presso il Ministero dell’Interno), che in un documento datato 10 luglio  indirizzato all’Istituto Centrale per il Restauro e destinato anche al Prefetto di Siracusa ed alla Sovrintendenza per i Beni Culturali, avente per oggetto il sopralluogo effettuato per il restauro del dipinto,  si qualifica come “Ente proprietario con finalità di conservazione e restauro di un patrimonio di beni mobili e immobili destinato a finalità di culto ai sensi della legge n.222/1985”, e che le associazioni civiche ora contestano  in quanto, per dispositivo delle leggi concordatarie del 1929 e 1984, la proprietà della Chiesa di Santa Lucia al Sepolcro, con tutti gli arredi, nonché le pertinenze mobili e immobili, quindi incluso il dipinto del Caravaggio, sarebbe transitata dal F.e.c. presso il Ministero dell’Interno (che li possedeva dal 1866),   alle Autorità Ecclesiastiche,  l’eventuale prestito, che ai sensi del combinato disposto degli articoli 48 e 112 del Codice dei Beni Culturali, va accordato dal legittimo titolare  (che con certezza non è stato individuato), trattandosi di materia pattizio-concordataria tutti gli atti che lo stesso F.E.C. presso il Ministero dell’Interno, intendesse attuare  sull’opera dovrebbero essere concordati con l’Autorità Ecclesiastica.

E ora si è saputo che è proprio l’Arcidiocesi sembra rivendicarne i diritti. Con una   lettera  inviata nel mese di giugno al Fondo Edifici di Culto ed al Prefetto, fa un passo indietro dopo un primo via libera degli scorsi mesi: infatti, il vicario monsignor  Sebastiano Amenta scrive   “con amarezza dobbiamo prendere atto che il nostro parere, con i richiami e le condizioni indicate, non abbia ricevuto nessun tipo di riscontro”. Per cui “chiediamo di voler riconsiderare l’intera vicenda del quadro in oggetto evitando l’allontanamento dell’opera dalla città”.

Se l’Arcidiocesi si astiene dall’esprimere posizioni ufficiali o tantomeno definitive nella querelle sulla proprietà, si fa capire che se per lo spostamento del quadro  è necessaria   una deroga al vincolo di destinazione al culto, solo l’autorità ecclesiastica ha il potere di concedere una tale deroga, e se la   deroga non viene concessa il   quadro non parte. Dato che  per le  ultime analisi condotte dall’Istituto Centrale del restauro il quadro risulta in buone condizioni,  si può  procedere con l’eventuale manutenzione in loco.

Il presidente dell’Associazione Dracma Giovanni Di Lorenzo ha evidenziato che, a suo parere, quanto dichiarato dal Presidente del Mart, Vittorio Sgarbi, circal’esistenza di 300 mila euro per il restauro del quadro non sia reale:  “Questi 300 mila euro non ci sono mai realmente stati” – dice, esibendo un documento ufficiale del Mart di Rovereto dove si legge la somma di soli 100 mila euro -. “E’ una cifra esigua, dalla quale bisogna detrarre i finanziamenti per il trasporto, l’imballaggio, ma anche la copia dell’opera promessa alla città”.

Il prof. Paolo Giansiracusa,  storico dell’arte e  presidente dell’associazione Amici del Caravaggio, da sempre  strenuo difensore dell’inamovibilità del dipinto,   ha esaltato l’iconicità del quadro, argomento assolutamente non marginale: «Ognuno di noi in città deve sentirsi un po’ proprietario dell’opera, quando questo accadrà il dipinto sarà salvo e sarà stato attuato un vero procedimento di valorizzazione culturale – ha detto Giansiracusa -, noi vogliamo chiarire di chi è il dipinto, chi ne può disporre, dove deve essere custodito. L’opera deve essere esposta nel suo luogo deputato che è la chiesa di Santa Lucia al Sepolcro, che deve essere reso sano per accogliere il dipinto. I restauri possono essere fatti ovunque, quindi di anche a Siracusa, e non sono le opere che devono viaggiare ma sono le persone a spostarsi. Non si tratta solo di un dipinto ma di una vera e propria icona».

Pur se non è stata scritta la parola “fine” non c’è dubbio che il prezioso quadro è di Siracusa,  dei Siracusani: se è possibile preservarlo e custodirlo qui, chiunque lo voglia può venire ad ammirarlo nella nostra città, e di certo non resterà deluso.

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