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REFERENDUM 20 e 21 SETTEMBRE: UN NO A TUTELA DELLA DEMOCRAZIA

REFERENDUM 20 e 21 SETTEMBRE: UN NO A TUTELA DELLA DEMOCRAZIA

LE RAGIONI DEL NO AL REFERENDUM CONFERMATIVO SULLA RIDUZIONE DEL NUMERO DEI PARLAMENTARI.

Per dar conto delle ragioni del NO al referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari che si svolgerà domenica e lunedì prossimi,  20 e 21 settembre, parto da alcune brevi ma  doverose premesse che possono servire ad inquadrare il quesito su cui viene chiesto ai cittadini di pronunciarsi.

Ci viene domandato, attraverso un SI o un NO, di esprimere il nostro consenso o dissenso alla modifica degli articoli 56, 57, 59 della Costituzione in materia di numero dei parlamentari previsti. E’ un punto molto specifico, una questione assai circoscritta, che al di là del SI o del NO, non può assolutamente annoverarsi nel quadro delle garanti riforme costituzionali. Questo cambiamento proposto (riduzione del numero dei parlamentari) non toglie una virgola, invece, alla necessità da parte delle forze politiche tutte, di maggioranza e di opposizione, di mettere mano ad una vera riforma costituzionale a partire già dall’indomani del risultato a prescindere che vinca il SI o che vinca io NO.

Alessandro Zappulla

La seconda premessa a introduzione del mio ragionamento a favore del NO  concerne il fatto che, in questa seppur breve disamina, tralascio, le ragioni più propriamente politiche legate alle forze politiche e parlamentari, in questo caso di maggioranza, il movimento cinque stelle, che è stato il soggetto proponente. D’altra parte, la sede “Cammino” su cui sarà pubblicato questo articolo, una sede giustamente super partes, mi suggerisce la inopportunità di giudizi politici assai crititici che inevitabilmente sarei portato ad esprimere se dovessi addentrarmi in una disanima del movente politico che ha portato il Parlamento, o almeno una parte di esso, ad agire la modifica degli articoli sopra citati.

La terza premessa è che io non considero intoccabile la nostra costituzione; penso, infatti,  che il suo impianto riguardante il funzionamento delle istituzioni possa e debba essere modificato secondo le procedure previste dalla nostra stessa Costituzione, cioè ai sensi dell’art 138,  al fine di rendere le stesse più aderenti alla realtà dei nostri tempi.

Anticipo adesso con una traccia per titoli l’itinerario che intendo seguire per spiegare le ragioni del mio NO: il numero dei parlamentari non si determina a casaccio; la Costituzione non si modifica a spezzoni; il giudizio negativo sulla politica e sulle istituzioni non è mai la base per modifiche virtuose e migliorative. La Carta fondamentale, ispiratrice di tutto l’ordinamento legislativo, se si ritiene debba essere modificata,  è bene che questo processo avvenga con il consenso unanime delle forze presenti in Parlamento. Si tratta della legge fondamentale dello Stato che stabilisce le regole del gioco democratico per tutti ed dunque una legge che da tutti deve essere sentita come propria. E’ assai urgente ritornare a elaborare un nuovo impianto istituzionale unitario e organico.

  1. Il numero dei parlamentari non si determina a casaccio. 

Quattrocento deputati e cento senatori. E perché no trecento in tutto, o quattrocento in tutto? Qual è il criterio? A mio avviso non c’è criterio. Talaltro, in un sistema a bicameralismo paritario cioè con due camere che hanno le stesse funzioni, l’impianto non verrebbe modificato e domani pochi senatori, certamente più controllabili dal Governo o comunque dalle segreterie dei partiti, potrebbero modificare la Costituzione in senso più illiberale. Poi va considerato il fatto che riducendo il numero devono ampliarsi necessariamente le circoscrizioni e/o i collegi e ciò impedirebbe o renderebbe assai più impraticabile il rapporto fra cittadino ed eletto. Si dice che comunque novecentoquarantacinque parlamentari siano troppi. In astratto può darsi. Ma allora riduciamo il Parlamento a una sola Camera eletta e avremo così la riduzione del numero come effetto e conseguenza di una modifica del nuovo assetto delle funzioni del Parlamento. Insomma, il numero dei parlamentari come conseguenza logica di un riordino delle funzioni tra Camera e Senato. Si comincia dalla testa e non dai piedi! Ecco primo motivo del mio NO.

 

  1. La Costituzione non si modifica a spezzoni senza un disegno unitario e organico

Mi pare questo un principio basilare. Soprattutto quando si tratta di cambiamenti che incidono profondamente nel buon funzionamento delle istituzioni. In genere i cambiamenti parziali non rilevano un problema vero ma seguono le mode del momento e più in particolare sembrano essere il frutto di uno scambio tra forze politiche in ragione di un loro accordo di governo. Fu così quando si volle seguire la lega nella riforma del Titolo V della Costituzione che regola i rapporti, i poteri e le funzioni fra Stato e Regioni. Proprio in questo periodo di gestione del Covid abbiamo potuto sperimentare quanto fosse dannosa la moltiplicazione dei centri decisionali e quanto  il conflitto di competenze tra Regioni e Stato determinasse contenziosi che ingenerano nei cittadini incertezze e confusioni e rallentano il sistema della pubblica Amministrazione.

Ciò avviene perché quando si modificano parti, spessissimo quelle modifiche sono il frutto di una logica diversa rispetto all’intero impianto istituzionale vigente. Nel caso del presente referendum la proposta di confermare la riduzione del numero dei parlamentari risponde di più ad una logica di monocameralismo che ancora non esiste in Italia. Dunque sta qui il mio secondo motivo per dire NO a questa proposta di modifica.

  1. Il giudizio sprezzante nei confronti delle Istituzioni non è mai la base per modifiche virtuose e migliorative della Costituzione.

Cosa ci sta dietro la richiesta della riduzione del numero dei parlamentari? Forse un risparmio significativo per il Paese? Falso. Tutti ormai sono concordi, a calcoli fatti, che il risparmio sarebbe assai insignificante per ogni cittadino a fronte dei pericoli e dei rischi a cui si potrebbe incorrere. In realtà questa richiesta di riduzione è avanzata in quanto per principio alcune forze giudicano il Parlamento come un luogo quasi inutile, dove fondamentalmente molti deputati senza ruolo non fanno nulla se non alzare la mano secondo il diktat dei capi. E’ un modo di rispondere a una certa antipolitica imperante in questi anni, ma che non risponde a verità. In tutti i sistemi ci possono essere mele marce, ma per questa ragione non si limitano nel numero le funzioni della rappresentanza, tanto più che la riduzione avverrebbe a caso e che nulla e nessuno può garantire che nel prossimo Parlamento ridotto di componenti vengano candidati e poi eletti i più virtuosi e i più bravi. Ci potremmo ritrovare con un Parlamento composto da pochi “soldatini” al comando dei soliti capi. Per me è un rischio grosso che non intendo correre. Per quanto mi riguarda un Parlamento ridotto nel numero dei suoi componenti ma ancora a bicameralismo paritario fra Camera e Senato diventa un Parlamento controllabile, alla mercé delle maggioranze di turno; il Governo vedrebbe nei fatti aumentato il suo potere di ricatto senza la creazione dei giusti contrappesi per equilibrate i poteri. E questo è il terzo motivo per dire NO.

  1. Esiste l’esigenza di una riforma organica e unitaria della nostra Costituzione. 

Ed è proprio questa esigenza che mi fa ritenere assolutamente inutile e dannosa questa proposta di riduzione del numero dei parlamentari. Il problema più serio e più vero riguarda a mio avviso i tempi del procedimento legislativo. Oggi siamo di fatto in regime già monocamerale. Infatti, per ovviare ai tempi lunghi delle doppie letture dei disegni di legge si è trovato un compromesso tra Camera e Senato essendo composte dalla medesima maggioranza: se e un procedimento legislativo inizia alla Camera e da essa viene approvato, quando giunge al Senato, da questo lo esita senza apportare modifiche e viceversa. Ma se le cose stanno così, allora il bicameralismo va modificato nelle funzioni. Una Camera eletta, espressione democratica delle forze politiche, che esprime la fiducia al Governo e una Camera (Senato) più espressione dei territori, dunque composta dai rappresentanti regionali. In questo caso si, conseguenza logica vuole la riduzione del numero dei parlamentari. In ogni caso, resto dell’avviso che modifiche sostanziali della Costituzione, proprio perché si tratta della Carta fondamentale che stabilisce le regole del gioco democratico che da tutti debbono essere riconosciute e sentite come proprie, è oltremodo opportuno che si attuino con il consenso unanime di tutte le forze di maggioranza e opposizione presenti in Parlamento, onde evitare che mediante il referendum confermativo deciso a maggioranza si  ingeneri sempre una sorta di guerra divisiva tra gli elettori, che ci riporta alla memoria quella  tra Guelfi e Ghibellini che per anni dilaniò Firenze.

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