“Il senso del viaggiare è nella strada che si fa non nella meta cui si arriva” (Tiziano Terzani – Un indovino mi disse). Questo era l’incipit di un mio pezzo pubblicato più di venti anni fa. Cammino ha iniziato il suo 40° anno di attività e, per gli ultimi 25 circa, ha incluso anche le mie parole. Credo sia assolutamente naturale, in occasione di ricorrenze così importanti, riflettere sul percorso compiuto, immaginare il percorso ancora da compiere. E, ovviamente, ricordare.

In questi tristi giorni di guerra, un’altra guerra ritorna alla mia memoria, una guerra contro la quale presi una posizione chiara e netta dalle pagine di Cammino diretto, all’epoca, da mons. Inserra o, meglio, don Alfio com’ero solita chiamarlo sin da quand’ero coccinella a Santa Rita (praticamente mezzo secolo fa!). Così ho scelto, per questo numero speciale, di raccontare una storia, una storia conosciuta, nella sua interezza, solo a don Alfio e a un altro collega di Cammino.

La guerra in questione era la cosiddetta “seconda guerra del Golfo” ossia l’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti; invasione giustificata dalla presunzione che il regime di Saddam Hussein possedesse armi di distruzione di massa e armi chimiche la cui presenza non solo non era stata ancora accertata dagli ispettori della IAEA ma non fu mai confermata in seguito. Scrissi un pezzo che si intitolava “Bush, Saddam e il senso della Storia” e, per questo e altri pezzi dello stesso tenore, cominciai a ricevere una serie di lettere anonime, con acclusi ritagli di giornale sulle violenze perpetrate da Saddam Hussein e, in generale, dai regimi islamici; degli articoli acclusi venivano sottolineati passaggi particolarmente crudi e, in una di esse, ed è questo l’aspetto della vicenda che solo adesso rendo noto, si alludeva, con un tono che risultava velatamente minaccioso, ai miei figli che all’epoca avevano 13 e 10 anni. Ignorai quelle lettere, non senza essermi consultata con un legale e con un funzionario della Digos oltre che, ovviamente, con il Direttore. Queste missive continuarono per diverse settimane, durante le quali i miei figli furono sorvegliati a vista anche a scuola, sino a che, infine, non ne arrivò una firmata da una sedicente, e rivelatasi inesistente, associazione culturale. Fu così che con il Direttore decidemmo di invitare gli autori ad un confronto pubblico con la pagina di Cammino riportata in foto. Ovviamente, si sottrassero. E la questione finì.

Perché racconto questa storia? Perché esprime il senso del cammino: rendere conto dei fatti, sì, ma anche cercare di approfondire, di guardare agli accadimenti, alle persone, con uno sguardo largo e lungo, pluridirezionale, di ascoltare tutte le voci e tutte le parti di ragione. Perché la ragione non sta mai da una sola parte ma ha torto, sempre e comunque, chi ricorre alla violenza per far valere il suo pezzetto di ragione costringendo l’altro a usare la violenza per difendersi.

Oggi, e da tempo, e grazie anche alla lungimiranza del precedente direttore padre Pippo Lombardo, il mio cammino è fatto di “cibo”, ma, attraverso il cibo, cerco di comprendere il rapporto dell’uomo con la terra e con gli altri. Anni fa, da conduttrice di una rassegna gastronomica internazionale che vedeva la partecipazione di 27 nazioni, riuscii a far cucinare insieme un cuoco cristiano, uno musulmano e uno ebreo e fu un momento bellissimo che dimostrò che se la guerra si fa con le armi, la pace si fa con il cibo.  Come può essere nemico colui con il quale hai condiviso la tavola? E’ questo il senso del mio cammino: provare, con l’aiuto delle lettrici e dei lettori, e con il supporto dell’attuale Direttore, a fare del nostro tempo, del nostro pianeta, una tavola comune alla quale sedere come “fratelli tutti” e per questo è necessario che tutti impariamo ad adottare comportamenti alimentari più sostenibili. In questo le parrocchie possono rappresentare una grande palestra di educazione a nuovi stili di vita e, personalmente, sono a disposizione di quanti vorranno servirsi del mio aiuto.

Non so se mai arriverò alla meta che mi prefiggo, anzi è assai probabile che non possa mai giungervi; ma è questa tensione che anima ogni pagina che scrivo per Cammino.

Questo articolo è pubblicato sul numero tipografico di Cammino del 25 marzo 2022 – Anno XL

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