SERVIZIO PUBBLICATO SULL’EDIZIONE TOPOGRAFICA DI CAMMINO – 20 NOVEMBRE 2020
Da mesi ormai siamo costretti a convivere con un nemico invisibile, il Covid-19, che non sembra volerci abbandonare. Un nemico che ci ha tolto tanto e che ha saputo ben accentuare aspetti positivi e negativi della società odierna.
La società proprio come un dado, con le sue diverse facce, ovattata da gesti concreti di solidarietà e gentilezza e avvilita dalla povertà, dalla mancanza di valori, dall’egoismo e dall’ignoranza.
Ignoranza, sì. Ignoranza in tutte le accezioni del termine.
L’ignoranza di chi ignora ingenuamente per mancanza di consapevolezza e l’ignoranza di chi, invece, ignora volutamente. Perché è più facile e comodo guardare il proprio “orticello”, ignorando ciò che lo circonda, che sia fame, povertà o disagio.
Per proteggerci e proteggere, dall’inizio della pandemia, ci è stato imposto l’uso della mascherina, necessaria per la nostra incolumità. Il prezzo da pagare è però molto caro: con la mascherina si respira male, la mascherina minimizza l’identità, impossibilita il conforto di un sorriso. Queste sono sensazioni universali di persone fisicamente sane, che non soffrono di particolari handicap. Proviamo ora ad immedesimarci nei panni di una ragazza sorda. I sordi, per recepire e comunicare di conseguenza, si servono del labiale. Ed ecco che il primo problema appare evidente: le labbra sono coperte dalla mascherina. Se poi a questo disagio si aggrega il menefreghismo e la noncuranza delle persone che la circondano, per questa ragazza, comunicare diventa impossibile ed addirittura emarginante.
Questa ragazza si chiama Chiara Bucello, è una giovane graphic designer, intraprendente e carica di energie, alla quale è stata diagnosticata, alla nascita, una malattia genetica degenerativa che colpisce l’udito. Chiara è sorda.
Da un po’ di tempo a questa parte, ha deciso di rompere il velo e raccontarsi sui social. Parla al cuore dei suoi followers e lo fa con orgoglio, rabbia e voglia di affermazione.
Chiara racconta delle mille peripezie giornaliere alla conquista di una normalità che sembrava quasi raggiunta grazie all’installazione di un impianto cocleare, ma che poi causa COVID-19 ha visto, con rammarico, allontanarsi ancora un po’. Colpa del virus? No, colpa del “umana gente” che pecca di umanità. Con un post su Facebook denuncia un fatto accadutole in un ufficio pubblico, nel quale lei si reca da sola, per chiedere delle informazioni. Ufficio dal quale uscirà a mani vuote e umiliata. Il funzionario allo sportello infatti, dopo un evidente difficoltà comunicativa, si rifiuta di abbassare la mascherina, da dietro il plexiglass, per far si che la ragazza legga il labiale, anzi si infuria per il tempo perso.
«Mentre tornavo a casa, sentendomi umiliata, mi sono chiesta perché la gente non capisca che esistono delle DISABILITA’ INVISIBILI. Non ci divertiamo, noi sordi, quando vi diciamo che non vi capiamo. Non sono leggerezze, queste, per noi. Sono cose serie perché l’udito è vita.»
Questo l’urlo di Chiara, che lancia un appello di solidarietà e speranza per chi, ogni giorno, nelle sue stesse condizioni, si trova a lottare contro ostacoli insormontabili, che poco hanno a che vedere con il COVID-19, piuttosto con un altro virus: l’ignoranza. E se ignorare non è una colpa, non informarsi e perseverare lo è.
Le soluzioni per non isolare e non isolarsi ci sono, la più semplice è una mascherina trasparente che facilita la comunicazione con i non udenti e permette di regalare un sorriso in più.
La diversità arricchisce, non dimentichiamolo.
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