Titoli della settimana: American Gigolò di Paol Scheder, 1980; Ufficiale e Gentiluomo di Taylor Hackford, 1982.
Prendete due film con lo stesso attore protagonista ma “lontani” tra loro, non nel tempo, parliamo di due anni, del 1980 il primo, del 1982 il secondo. Metteteli idealmente insieme, uniteli in ordine di tempo e scoprirete d’incanto un unico solo filme capirete perché  il protagonista si garanti un posto nell’Olimpo  hollywoodiano.
Ma andiamo con ordine e partiamo con la nostra storia dal 1980 da American Gigolò (a proposito compie 40anni e invecchia bene). Il regista Paul Schrader, un ribelle dal talento sopraffino, è alla ricerca di un attore di bella presenza, carismatico e capace di dare al personaggio che ha in mente quel glamour e una faccia da schiaffi in grado di far breccia da subito nel cuore del pubblico, poi al resto penserà lui, perché Paul sa già che questo film-contro, come da tradizione della New-Hollywood, è destinato a scatenare un vespaio e a far discutere per mesi benpensanti e moralisti.
È  la storia di Julian Kay – vestito Giorgio Armani e accompagnato dalla musica di Giorgio Moroder e soprattutto da Call me cantata da Blondie – che di professione fa il gigolò a pagamento di belle signore dell’alta società nella Bel Air –  la California degli anni 80 – dove i sogni diventano realtà e a volte la realtà spegne i sogni: quando si innamora della moglie di un potente uomo politico iniziano i guai.
La scelta del regista cade sull’attore del momento, colui che è la stella più luminosa e che con la musica dei Bee Gees ha fatto ballare letteralmente il mondo con La febbre del sabato sera del 1977, quel Travolta che partendo da un piccolo sobborgo di Manhattan è arrivato a toccare il cielo a giusto titolo perché  oltre che ballare sapeva anche recitare: se ne ricorderà Quentin Tarantino che nel 1993 lo rilancia con il capolavoro Pulp Fiction.
Travolta forse spaventato dal copione che prevedeva un personaggio non proprio limpido, anzi e con la paura di “sporcare” la sua fama, rinuncia. A questo punto il regista vira deciso su Richard Gere, attore in rampa di lancio ma ancora da scoprire. Gere non si lascia sfuggire l’occasione della vita e diventa immediatamente uno dei sex simbol del decennio.
La storia si ripete due anni più tardi, 1982, con un altro film Ufficiale e Gentiluomo di Taylor Hackford, un buon regista dalla filmografia discontinua. Ancora una volta la produzione, sempre la Paramount, sceglie John Travolta per il ruolo di Zack Mayo, incredibilmente arriva un secondo decisivo rifiuto di Travolta perché impegnato in altre produzioni. Indovinate chi prende il suo posto? Ancora lui Richard Gere, che con questa pellicola si afferma definitivamente tra le grandi star del cinema, in un film sentimentale ma non “melenso “, anzi un film di formazione duro e crudo che ha fatto epoca con un cast di ottimo livello che vede al suo fianco Debra Winger e, tenendo testa a Louis Grossett Jr, che nella parte del sergente istruttore Foley conquista l’oscar. Oscar anche alla canzone Up where we belong cantata da Joe Cocker e Jennifer Warnes.
Perdizione, lussuria, avidità e denaro, questo è American gigolò. Redenzione, espiazione, sudore e lacrime è Ufficiale e gentiluomo. Due film senza tempo che formano un unico grande lungometraggio  con Gere grande protagonista grazie a John Travolta che  rinunciando al primo ruolo, e poi al secondo ha permesso a noi, e questo è vero, di … raccontare  tutti questi aneddoti e queste analogie che sono la dimostrazione di come il cinema appassiona con le sue storie di celluloide, ma anche con tutto quello che  ruota attorno al suo mondo e come a volte, certe scelte, condizionano altre scelte: come un gioco a incastri o come le scatole cinesi.
Rivedere “questo film” è fare un salto indietro nel tempo che ci aiuterà a vivere meglio questo difficile momento dal quale usciremo più forti.
Buona visione.
Credito immagine in evidenza: Dagospia
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