IL FILO DI ARIANNA: COME RIPARTIRE OLTRE IL COVID-19,  A 30 ANNI DALLA RICOSTRUZIONE DEL TERRENOTO ’90

Il virus muta. Proprio quando pensavamo di uscire dal tunnel grazie al vaccino, pare tutto si rimetta in discussione, proprio tutto. Un po’ come è successo alla mia generazione: quando credevamo di avere le risposte alle domande che ci erano state sollecitate da giovani … ci siamo trovati con le domande cambiate. Mi riferisco alle regole della politica che oggi è sempre meno consenso partecipato e sempre più volubile somma di like; penso all’economia un tempo cresciuta sull’ingegno produttivo ed oggi campo libero di speculatori frutto di una globalizzazione che il covid-19 ha malamente messo a nudo in tutti i suoi limiti. Attonito rifletto sulla deriva dei percorsi formativi che stimolavano l’apprendimento di un metodo di ragionamento basato sulla ricerca, oggi sostituiti da pillole informative e quiz di verifica.

Panta rei sostenevano i nostri colonizzatori greci. Tuttavia la domanda quindi sorge spontanea, direbbero i nostri compari napoletani: Siracusa è pronta al cambiamento, e, soprattutto, per quanto riguarda le competenze locali, è in grado di sostenere gli inevitabili costi ed investimenti che presuppone ogni “ricostruzione”? La stessa Siracusa la cui identità è stata forgiata dall’esempio di santa Lucia, come bene ci ricorda il presidente della deputazione Piccione.

Senza bisogno di scomodare i sondaggisti, abbiamo provato a misurare la temperatura del nostro territorio ascoltando don Marco Tarascio, direttore della Caritas diocesana.

Che ci dice dei risvolti sociali della seconda ondata pandemica a Siracusa?

“Per quanto mi riguarda siamo già alla sesta”!
Questa sua risposta secca significa che la vede brutta?
“Nera!”
Cosa pensa di fare?
“Sto andando a confrontarmi con chi può darmi aiuto. Oltre i tamponi ci sono persone inimmaginabili che stanno vivendo un profondo disagio, un profondo che è abissale!”
E pensare che solo un natale fa, per quanto ci riguarda, avevamo ripreso il nostro Cammino con tante idee…  Nel numero di Gennaio 2020 avevamo discusso sul rapporto di Confindustria sul Capitale umano, i nostri giovani, per scongiurare la continua desertificazione sociale del territorio. Quanti buoni propositi.

Oggi invece ci svegliamo con le preoccupazioni per la cassa integrazione annunciata dalla Isab-Lukoil e, non meno grave, il collasso delle aziende del settore ricettivo; dati che dimostrano oltremodo come la via delle monoculture occupazionali siano sbagliate, sia che si parli di petrolchimico o che si tratti di polo turistico.

Si aggiunga che già nel natale di 30 anni or sono la provincia aretusea, scossa dal terremoto “dimenticato” di santa Lucia, si interrogò sugli standard di sicurezza sismico-ambientale degli impianti chimici paventandone la chiusura.

Quindi abbiamo pensato di dedicare questo numero di fine anno proprio alla ricostruzione seguita al terremoto di santa Lucia del 1990. Non perché sia stato un brillante esempio di ripartenza, come invece lo fu il post terremoto del val di Noto, quanto per offrire un metro, non troppo lontano nel tempo, di come occorra rimboccarsi le maniche per affrontare con la necessaria determinazione le cicliche inevitabili catastrofi che la storia che ci è dato di vivere ci pone innanzi.

Impegno al quale non possiamo sottrarci consapevoli che non siamo soli, nonostante i cattivi esempi che giungono dalla politica nazionale, di certo è positivo sapere della ritrovata Unione europea nell’affrontare insieme le conseguenze della pandemia. Come sono di conforto e di speranza le parole augurali che l’arcivescovo Lomanto ha voluto donare alla diocesi dal nostro giornale e di questo gli siamo grati.

Permettetemi, infine, un ringraziamento ed un augurio. Grazie, a quanti ci stanno generosamente sostenendo e ai collaboratori di Cammino che in questi difficili momenti hanno dato il meglio assicurando comunque l’arrivo del nostro giornale agli abbonati e raggiungendo settimanalmente con i loro contributi – grazie al web – un gran numero di utenti ben oltre ogni aspettativa.

Auguri, da condividere con i nostri lettori, affinché si possa ripartire al meglio: forti delle inevitabili riflessioni legate a queste particolari festività; consapevoli che la migliore e duratura ripartenza si misurerà dalla capacità di tenerci per mano: “Non facciamoci sequestrare il natale dal consumismo… In questo tempo difficile, anziché lamentarci di quello che la pandemia ci impedisce di fare, facciamo qualcosa per chi ha di meno: non l’ennesimo regalo per noi e per i nostri amici, ma per un bisognoso a cui nessuno pensa”(Papa Francesco). Magari un sorriso ad una anziano “isolato” dalla pandemia sarebbe già un buon punto di ri-partenza.

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