Giuseppe Agosta, scomparso a Siracusa lo scorso 6 maggio, apparteneva ad una categoria umana non comune. Apparteneva ai “capaci per amore”.

La sua “Comunità di San Martino di Tours” nel capoluogo aretuseo da circa trent’anni è la prova evidente che i “capaci per amore” riescono a costruire realtà nuove, positive, encomiabili. Alla faccia dell’apatia che dilaga in tanti ambienti!

Lui, in nome dei reali valori della solidarietà cristiana, assieme a siracusani non “sciroccati”, ha fatto valere inventiva, buona volontà, per vivere attivamente e profeticamente il senso della storia  nel territorio della Chiesa locale. Con tenacia si è messo dalla parte degli ultimi, degli emarginati, dei veri poveri del nostro tempo.

In sinergia con la Caritas diocesana,  con i suoi numerosi e generosi volontari, in via Nome di Gesù, ogni giorno ha condiviso  concretamente i bisogni più elementari della gente in difficoltà.

Per le sue attività assistenziali, Giuseppe Agosta è stato un “capo” carismatico e nello stesso tempo riservato, segno della “follia” dell’amore verso il prossimo. La sua associazione ha da sempre seguito un proprio statuto per caratterizzare e guidare le attività assistenziali: una sorta di “regola” religiosa per i laici del nostro tempo, per disciplinare i servizi nel migliore dei modi. Ogni attività non può, infatti, essere affidata semplicemente alla “buona sorte”.

Con Enrico Lo Verso, testimonial per le iniziative di solidarietà in piena pandemia

Una formula “per capaci” che ha trovato crescenti consensi e adesioni, con volontari che lavorano con la logica del “team”, del gruppo che pone direttamente i bisogni al centro dell’attenzione.

Giuseppe Agosta si è sempre speso senza badare a sacrifici, ha davvero reso testimonianza alla migliore carità cristiana, in assoluta dedizione. Ha vissuto con coraggio le sue giornate, credendo nella sua missione. Non ha mai conosciuto la stanchezza della noia, né la frustrazione del tempo sprecato. Animatore di nuove speranze, ha conosciuto bene invece la voglia di partecipare, di smuovere e di scuotere.

 Tanti suoi volontari hanno imparato da lui a saper gustare la gioia dell’impegno, a saper soffrire per vedere realizzati i propri ideali. I suoi amici hanno appreso il rifiuto della mediocrità, condividendo il libero ed esaltante coraggio di osare in nome della vera coerenza, sfidando in ogni stagione i meschini calcoli dei “prudenti” per tornaconto, le resistenze dei benpensanti in pantofole.

Sono soltanto alcune delle sue forti indicazioni di vita di questo indimenticabile figlio della nostra terra.

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