In momenti di disperazione, quando tutto sembra perduto, quando non una sola luce rischiara il tunnel buio, si cerca un appiglio, un barlume di speranza. Molti lo intravedono nelle persone care, altri si fanno forza pensando ad un futuro migliore, c’è chi invece cerca la fede.

Ma cos’è la fede? È il fatto di credere con assoluta convinzione nella verità e giustezza di un assunto. Ma non solo. Fede è anche lealtà, impegno solenne, fedeltà e mantenimento della parola data. È credere e accettare dei misteri e delle dottrine non razionalmente dimostrabili.

Dove si trova? La fede non è un oggetto, non la si trova in un luogo, non la si trova in un tempo definito. Più semplicemente non la si trova. È lei che trova noi. Occorre solo avere l’anima predisposta all’ascolto e accoglierla. Basta aprire la piccola porticina del cuore e lasciare che Dio entri e con la sua grandezza ci pervada. Proprio come un piccolissimo seme, che fatte radici solide, diventa un grande albero.

«Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa. Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura.

Diceva ancora: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo?» Esso è come un granellino di senape che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra; ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra.» (Mc 4, 26-32)

È così che in data 13 giugno, durante la celebrazione in onore di sant’Antonio da Padova, svoltasi a Lentini, mons. Francesco Lomanto, arcivescovo della diocesi di Siracusa, mette in risalto la vita del santo, umile e virtuoso. Prendendo spunto dalla Parola di Dio dell’undicesima domenica del Tempo ordinario che presenta la parabola del seme che produce la spiga e la parabola del granellino di senape che produce il grande albero, l’arcivescovo ha voluto sottolineare l’inizio semplice della fede di Antonio, nata dall’ascolto della parola di Dio, dalla sua intimità con il Signore Gesù, da cui scaturisce il resto: la sua missione, il suo impegno, la risposta al Signore, il desiderio di volere dare di più.

«La presenza di Dio accompagna tutto il cammino della vita di Sant’Antonio, non solo nello studio delle Scritture come incontro della presenza del Signore nel suo cammino di fede che si compie all’inizio, quando entrò tra gli agostiniani, ma in tutto il suo percorso. I segni  taumaturgici che ha compiuto nel nome del Signore ne sono l’esempio. Una vita segnata dalla presenza di Dio a cui ha dedicato tutto il suo essere, il suo servizio, il suo ministero, in quel desiderio di dare sempre il “di più”.»

Queste le parole dell’arcivescovo durante la solenne messa pontificale, prima della benedizione del pane e delle vesti votive. Parole che lasciano intendere, ancora una volta, come tutti, nella nostra semplicità, siamo chiamati alla santità, messaggio ribadito più volte anche da papa Francesco, in ultimo nella sua esortazione apostolica “Gaudete et Exultate”, pubblicata lo scorso anno.

«Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova.[…]»

I santi non sono dunque solo in paradiso. Ognuno di noi, nel suo piccolo, può esserlo. E in un periodo in cui, il male sembra essere in allerta, c’è il bisogno di fidarsi, di fare entrare Dio, di lasciargli lo spazio per agire nelle nostre vite, per piantare il seme dell’amore.

Abbiamo chiesto a mons Lomanto che valore ha, in questo periodo storico non proprio semplice, il “dare di più” rispetto al consueto “dare”.

«Per chi non crede – risponde l’arcivescovo – ha una dimensione di grande umanità, nel dare di più c’è il rispetto dell’uomo, della sua dignità, del dialogo, dell’aiuto, dell’amore, della comunione e dando di più si costruisce la vera vita sociale. Da un punto di vista di fede acquista una dimensione molto più grande, interiore perché nel dono di noi stessi all’altro c’è la presenza del Signore, nella comunione il Signore può entrare nella nostra vita. Dov’è carità e amore, qui c’è Dio

Laddove c’è Dio c’è amore e durevolezza perché «una corda a tre capi non si rompe così presto».

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