Il modello sperimentato positivamente trent’anni fa può ancora fare scuola

Nemmeno il tempo di rientrare a casa dal lavoro che subito dovevo tornare sui miei passi. Il che voleva dire dover ritornare in quella redazione da dove ero andato via magari solo mezzora prima e dove avevo praticamente trascorso l’intera giornata. Il fragore dell’ennesima esplosione, a volte percepita direttamente e a volte riferita da qualche collega o anche solo da un conoscente (che mi chiedeva informazioni di prima mano per appagare la sua curiosità), mi obbligava a quella precipitosa corsa verso la postazione di lavoro per provare a raccogliere e verificare quelle notizie minime, indispensabili, per cucire un primo pezzo coi pochi dati disponibili e rinviare approfondimenti e analisi all’indomani. A volte, specie quando il “resto” della giornata lavorativa aveva tempi più lunghi per altri motivi (bastava una seduta di consiglio comunale o provinciale convocato nel tardo pomeriggio per… garantirsi una serata inchiodati al desk), preferivo rimanere in redazione per completare il “giro” di mezzanotte delle chiamate ai centralini di polizia, carabinieri, vigili del fuoco e ospedale per sapere se vi fossero novità di rilievo.  Così l’eventuale “botto” notturno mi avrebbe già visto al mio posto di lavoro…

Vita da cronista nella Siracusa di fine anni ottanta-inizio anni novanta quando la quiete prima della notte e poi, purtroppo, pure della sera (ricordo di ordigni fatti deflagrare davanti a saracinesche di supermercati e negozi anche dopo le 21!) veniva squarciato con inquietante e metronomica puntualità   da quello che ribattezzammo sulle cronache la devastante “voce” del racket delle estorsioni.

Oggi le cose vanno diversamente anche se, specie nelle ultime due settimane, il susseguirsi di esplosioni di bombe-carta e altri ordigni davanti a tre esercizi commerciali (un bar, un negozio di fiori ed una rivendita di panini) hanno riacceso antiche paure. E, purtroppo, non soltanto antiche paure.

La sensazione – e solo di questo si tratta essendo distante dalla prima linea della cronaca – ricavata leggendo articoli e servizi, documenti e prese di posizione, comunicati ufficiali e commenti vari, è che lo spirito di squadra, la saldatura tra istituzioni e società civile (almeno nelle sue espressioni più attente ai temi della cultura di legalità) che oltre trent’anni fa  risultò essere la carta migliore da giocare contro la tracotanza criminale e mafiosa abbia bisogno adesso di essere  nuovamente calata.

Allora Prefettura, forze dell’ordine e organizzazioni di categoria – come la Confcommercio – fecero davvero sistema offrendo il miglior ancoraggio alla nascita e allo sviluppo delle associazioni antiracket che anche a Siracusa, sul modello di quanto era avvenuto a Capo d’Orlando con l’esempio di Tano Grasso, divennero protagoniste nell’azione di sensibilizzazione e di creazione di una effettiva coscienza antimafia. Un cammino per nulla agevole lungo il quale però si misero in breve anche società civile, mondo della scuola, Chiesa, organizzazioni sindacali e datoriali.

Oggi tutti quegli attori sono ancora in campo. Anzi, oggi – rispetto a trent’anni fa – se ne sono aggiunti molti altri e tutti autorevoli. Il rischio, però, è che si vada in ordine sparso. Il pericolo è che ci si divida, magari badando bene a preservare quel minimo di vegetazione che ancora oggi germoglia nel proprio orticello dopo l’abbondante semina di allora.

Insomma, il momento è tale che occorre veramente tornare a dare risposte unitarie ed univoche, è necessario ridare smalto a quello spirito di squadra che, ad un certo punto, portò la provincia di Siracusa con le sue sedici associazioni antiestorsione ed antiusura (due delle quali di carattere intercomunale) ad essere la provincia italiana con il maggior numero di simili organizzazioni in relazione al numero dei propri comuni (21).

La strada, dunque, è tracciata ed è pure conosciuta. Occorre tornare a percorrerla con coerente convinzione, senza pre-giudizi di sorta, integrando esperienze e professionalità differenti, irrobustendo il dialogo tra i diversi attori senza chiedere ad alcuno di snaturare la propria funzione, di rivestire ruoli diversi.

E’ l’unico modo per giocare questa delicata partita nella quale c’è in ballo molto di più del pur importante e legittimo interesse di chiunque eserciti un’attività commerciale, o comunque d’impresa, di poter operare al riparo da qualsivoglia forma di intimidazione.

 

[*] Ex Post (nel senso che volevo scrivere un post ma è venuto troppo lungo…)

Credito immagine in evidenza: dalla rete.

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