Turismo religioso, l’idea del parco culturale ecclesiale “Bellezza e speranza per tutti”
Con un documento denominato, in gergo tecnico, “manifestazione di interesse”, dello scorso 14 settembre, si è ufficialmente aperto il cammino della nostra Arcidiocesi per la costituzione del Parco Culturale Ecclesiale secondo le linee guida del documento “Bellezza e speranza per tutti” promosso dall’Ufficio Nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport della Conferenza Episcopale Italiana. In realtà, l’iter ha avuto inizio alcuni mesi addietro e ha visto l’Ufficio diocesano per la Pastorale del Tempo Libero confrontarsi con l’Arcivescovo, mons. Francesco Lomanto sulle ricadute virtuose che tale progetto avrebbe potuto avere nella pastorale della nostra Chiesa. Appurata la validità del progetto, dall’incontro dei Direttori di diversi Uffici diocesani sono emersi gli orientamenti e il quadro delle persone che avrebbero potuto dare avvio a questa nuova esperienza.
Cos’è un Parco Culturale Ecclesiale? Secondo le indicazioni del primo progetto voluto da mons. Mario Lusek «per Parco s’intende un’area legata non solo al territorio geografico, ma anche alla cultura, alle tradizioni, agli stili di vita, alle esperienze religiose come risposta alla necessità di tutela, di valorizzazione nella sua specifica peculiarità storica, culturale, ambientale, economica, spirituale. E per Parco Culturale Ecclesiale, di conseguenza, s’intende un sistema territoriale che promuove, recupera e valorizza, attraverso una strategia coordinata e integrata il patrimonio liturgico, storico, artistico, architettonico, museale, ricettivo, ludico di una o più Chiese particolari». Nel 2017, nel corso di un convegno a Roma si è raccolto il cammino realizzato fino a quel momento per avviare un percorso pastorale e operativo che portasse nel tempo alla realizzazione di una autentica rete di proposte territoriali, con un unico loco identificativo, “Locus lucis”. Una fiammella di luce che illumina il cammino e contraddistingue uno stile di viaggio e soprattutto di accoglienza, per un turismo che è religioso, ma anche e soprattutto “conviviale” per usare un’espressione di don Gionatan De Marco, direttore nazionale dell’Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero della Cei: “Nel Progetto Bellezza e Speranza per Tutti che consegniamo alle Chiese locali – scrive don Gionatan – vediamo una sfida da cogliere per fare delle nostre Comunità cristiane dei laboratori di vita buona e di speranza concreta attraverso la ricerca e l’esplorazione dei territori, l’ascolto e la divulgazione, la scoperta di buone prassi da narrare e trasferire, di contenuti che integrino e amplino il messaggio evangelico, verso esigenze contemporanee cui dare risposta e verso scenari futuri ancora da disegnare”. Don De Marco, nei giorni scorsi, a Terrasini, all’interno di TravelExpo, insieme a don Roberto Fucile, direttore dell’Ufficio per la Cesi, ha promosso anche un primo incontro regionale delle otto diocesi che hanno avviato il percorso dei parchi culturali ecclesiali con l’obiettivo di creare una rete e realizzare una proposta armonica ed efficace per i viaggiatori e gli ospiti.
Mi piace pensare a questo progetto a partire da tre idee fondamentali: pastorale integrata, capacità di fare rete, sguardo proiettato verso il futuro.
L’esperienza del Parco Culturale Ecclesiale è un’esperienza che apre la Comunità diocesana all’incontro con l’esterno, con il mondo di chi viaggia, di chi è in cammino, di chi giunge come pellegrino. Perché ciò sia possibile è necessario che si parta ad intra, dalla realizzazione di processi di comunione che vedano le varie realtà pastorali della Chiesa locale lavorare insieme, perché si realizzi una esperienza autentica di annuncio ed evangelizzazione. Il Parco non è una istituzione tra le alte che vuole promuovere esclusivamente dei beni o le realtà economiche presenti in un territorio: il Parco è una esperienza di Chiesa che valorizza i propri tesori materiali e immateriali per comunicare un’esperienza di fede che affonda le sue radici nel passato, è viva nel presente e vuole raggiungere, con i propri contenuti e per il tramite di una “bellezza che attira”, quanti sono distanti ma disponibili ad un’apertura verso il Trascendente.
Nel nostro contesto, questa iniziativa pone le basi su realtà già consolidate di turismo religioso, valorizzazione dei beni e accoglienza dei pellegrini. Essa aspira, quindi, non a creare qualcosa di totalmente nuovo, ma si propone di aiutare le varie realtà presenti nel territorio a “fare rete”. Fare rete è occasione per sostenere ciascuno il lavoro dell’altro e viceversa, fare rete è occasione di arricchimento reciproco, fare rete è occasione per mostrare nella varietà delle proposte l’unico volto della Chiesa.
Infine, il Parco potrà essere un’opportunità per realizzare quelle istanze “nuove”, ma sempre più impellenti che ci aprono al futuro. Penso ai temi della sostenibilità, dell’ecologia integrata, dell’economia condivisa, solo per citarne alcuni. Ma perché queste istanze si possano realizzare è necessario quello sguardo rinnovato che nasce ogni qual volta riusciamo a rileggere il presente alla luce della Buona Novella.