Ancora una volta “il battito della farfalla” ad Avola: 2012 con Mariano Ferro (i Forconi), 2022 con Salvo Caruso (Open d’Australia).
Se vi fosse già capitato di imbattervi in questa mia rubrica o, comunque, di aver dato uno sguardo a ciò che scrivo, questa avvertenza sarà superflua. Chi, invece, non ne avesse memoria o scoprisse solamente adesso, mentre sta leggendo queste righe, cosa sia Ex Post un paio di “istruzioni per l’uso” potrebbero essere utili.
La prima: sono un tenace e convinto sostenitore dell’utilità (per me necessità) di fare memoria. Non in chiave amarcord ma con l’intento di ricordare avvenimenti, momenti, persone e personaggi a mio avviso notabili (cioè degni di considerazione, nell’accezione latina) per provare anche a leggere con nuova consapevolezza, quel che é stato. Da questa mia fissazione per il dovere della memoria discendono anche piccole abitudini quotidiane come i miei buoni dieci minuti al giorno, di primo mattino, durante i quali provo a ricordare di chi ricorra il compleanno o l’onomastico (compito nel quale adesso i social mi danno una preziosa mano) per far partire una telefonata o un messaggio di auguri.
La seconda è che nello scrivere mi piace tendere fili sottilissimi tra vicende e accadimenti tra di loro distanti, scollegati, a volte antitetici e che diventano però, nel mio personalissimo modo di ragionare, i pilastri ai quali ancorare i due capi di questo filo sul quale faccio scivolare il mio pensiero (sperando che non rovini al suolo).
Avvertenze dovute queste perché oggi, veramente, questo mio filo è steso tra due pilastri distanti tra di loro qualcosa come 16mila 525 chilometri.
Date notabili, considerevoli, ho scritto poco sopra. Ad esempio quella del 16 gennaio. Era il 16 gennaio 2012, un giorno in cui mentre l’Italia intera (e non solo) seguiva con angosciosa inquietudine l’evolversi del dramma del naufragio della Costa Concordia, quando la Sicilia iniziava ad essere attraversata da un inusuale vento di protesta. In piazza in diversi angoli dell’Isola arrivava la rabbia montante, la delusione per le troppe “distrazioni” della politica, lo sconforto per le tante promesse puntualmente disattese e per l’aggravarsi di una condizione generale di straordinaria sofferenza (erano i giorni del governo Monti che agiva con tagli e dosi di sacrifici da cura da cavallo). Era la protesta del Movimento dei Forconi che aveva in Mariano Ferro, da Avola, uno dei suoi leader indiscussi. Quella protesta, anche per via del disastro della Costa Concordia che cannibalizzò l’attenzione mediatica, stentò ad abbandonare gli angusti confini delle pagine delle cronache locali per approdare sui tg di prima serata e sulle prime pagine dei quotidiani nazionali. Alla fine ci arrivò e il Movimento finì sotto la lente di ingrandimento delle grandi firme del giornalismo italiano, sotto l’occhio indagatore dei talk tv di prima serata, mettendo a nudo tutti i suoi limiti, le sue contraddizioni, gli errori compiuti, gli esasperati personalismi di alcuni dei protagonisti del tempo, i sospetti di infiltrazioni mafiose, le accuse di carrierismo. Ma emersero anche, e soprattutto, le sacrosante richieste, le fiere rivendicazioni, le tribolazioni di tanti onesti impossibilitati ad arrivare anche solo alla terza settimana del mese, il dolore per la scelta estrema di alcuni piccoli imprenditori e artigiani soffocati dal peso dei debiti.
Questo è quanto è accaduto allora. Con ancora negli occhi le immagini dei numerosi speciali e servizi straordinari dedicati alle vittime innocenti e alle migliaia di scampati all’inchino all’Isola del Giglio andati in onda nei giorni scorsi, mi sarei aspettato che oggi, a dieci anni esatti di distanza dall’inizio di quella clamorosa protesta del Movimento dei Forconi che per una settimana tenne in scacco un’intera regione, qualcosa avrei trovato. Nulla sui giornali, nulla sulle tv. Non parlo solo dei media nazionali. E’ come se quella vicenda, quella protesta, fosse stata in qualche misura rimossa dalla memoria collettiva.
Già, la memoria, quella che – a mio modesto avviso – avrebbe invece bisogno di essere continuamente coltivata, rinfrescata. Quella stessa memoria che a volte ti tradisce anche a distanza di pochissimi giorni e, ad esempio, può non farti ricordare in maniera corretta quando hai fatto una qual certa cosa. Come il giorno esatto in cui hai scoperto di aver contratto il covid. Data decisiva, perché è solo a partire da quel momento che decorrono i giorni necessari per poter poi ottenere la certificazione che ti consente quella discreta dose di libertà di movimento (in convivenza col virus) che non è riconosciuta a chi non ne sia in possesso (in massima parte perché ha scelto di non vaccinarsi). Così capita, parafrasando la celebre frase del film “The Butterfly Effect” del 2004, che come “il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo” allo stesso modo una sentenza della Corte Federale Australiana può provocare una qualificazione agli Open d’Australia… ad Avola! E qui i lettori capiranno bene quanto abbia tirato il mio sottilissimo filo per 16.125 chilometri e di quanto abbia bisogno di loro per mettermi in salvo. Già, in Salvo. Salvo come Salvo Caruso, il tennista originario di Avola (proprio come Mariano Ferro), numero 150 della classifica mondiale dei tennisti professionisti, che nel tabellone del prestigioso e ricchissimo Open che si aprirà domani in Australia è stato chiamato (sarà il decimo italiano a scendere in campo) a sostituire il numero uno Novak Djokovic. Il campionissimo serbo dopo oltre una settimana di tira e molla, mezze ammissioni e tentativi di scaricabarile sul potentissimo proprio staff, alla fine si è visto espellere dal territorio nazionale dalle autorità australiane in quanto considerato – da non vaccinato al covid19 e con una controversa storia riguardo a tempi e sviluppi della sua riferita avvenuta infezione – un potenziale pericolo per la salute pubblica. Come dire, in questo caso quella sorta di wild card che Novak Djokovic voleva giocarsi per accedere agli Open grazie a una certificazione sanitaria a quanto sembra non esente da rilievi, alla fine è stata battuta da un più modesto ma concreto (e utile) greenpass, quello che consentirà a Salvo Caruso – doti tecniche e agonistiche a parte – di scendere in campo. Nel pieno e assoluto rispetto delle regole. E tutto questo è accaduto oggi, 16 gennaio.
[*] Ex Post (nel senso che volevo scrivere un post ma è venuto troppo lungo…)
Per provare a rileggere, con la consapevolezza dell’oggi, quel che ha rappresentato quel
movimento di piazza, tornerà presto in libreria e sui principali store digitali la nuova
edizione aggiornata – e integrata con diversi contenuti extra – di
16 gennaio 2012 Alle radici della protesta dei Forconi
il pocket book del giornalista siracusano Aldo Mantineo che, da cronista, seguì da vicino
non soltanto i giorni più caldi della protesta ma anche larga parte del cammino compiuto
dal Movimento sinché quest’ultimo non sembrò esaurire la sua spinta propulsiva.
Il libro sarà curato, edito e diffuso, come avvenuto dieci anni fa, da Melino Nerella
Edizioni. Questa volta alla versione digitale del pocket book sarà affiancata anche
un’agile edizione cartacea.