Titolo della settimana: L’ultimo dei mohicani, 1992 di Michael Mann.

Mentre il cinema in sala soffre terribilmente, nonostante sia ritenuto, dati alla mano, uno dei luoghi più sicuri, è tempo di festeggiare un film che compie trent’anni e non li sente proprio. Stiamo parlando di L’ultimo dei Mohicani tratto dalle pagine del libro di James Fenimore Cooper, uno dei massimi cantori della letteratura statunitense d’avventura.

America del Nord, siamo nel 1757 ed è in corso il terzo anno della guerra Franco-Inglese. Il guerriero mohicano Chingachook assieme ai due figli, quello naturale Uncas e quello adottivo, il bianco Natty Bumppo alias Occhio di Falco vengono, loro malgrado, coinvolti nel conflitto allorché devono salvare Cora e Alice, le due figlie del Capitano inglese Munro, dalla furia vendicatrice di Magua, guerriero Urone che ha giurato vendetta per lo sterminio della sua famiglia. La fuga attraverso la foresta sarà drammatica e piena di insidie. Terza versione cinematografica del celebre racconto di Cooper, nonostante il titolo, il vero protagonista è il bianco Occhio di Falco, Daniel Day Lewis in forma smagliante. La narrazione a volte discontinua, secondo me, per la troppa carne al fuoco della sceneggiatura, viene ampiamente riscattata da squarci di cinema puro memorabili che restano impressi e restituiscono il sapore dei grandi spazi e il gusto dell’avventura. Michael Mann specialistica in pellicole neo-noir metropolitane dimostra le sue qualità anche fuori dal suo genere costruendo minuziosamente scene di massa insieme a bivacchi notturni sotto le stelle esaltati dalla fotografia di Dante Spinotti, che insieme alla colonna sonora, Golden globe, di Randy Edelman e Trevor Jones è uno dei punti di forza della pellicola. L’ultimo dei Mohicani travolge come le acque del fiume che scendono a valle, un kolossal moderno con il ritmo del sonoro, premiato con l’Oscar. Per Mann la Los Angeles di Heat-la sfida o Collateral e le foreste e i fiumi del grande nord non fanno differenza: è grande spettacolo. “Grande Spirito, che tutto comprende, accogli Uncas tra i suoi antenati e digli che presto li raggiungero’ anch’io, Chingachook l’ultimo dei mohicani “. Ma prima di ascoltare questa frase ci aspettano i dieci minuti finali che possono segnare il percorso di ogni cinefilo, e almeno per me è stato cosi. Rivedere questo film come auspicio per il ritorno nelle sale del grande pubblico

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