Non ci sono soltanto bombe, colpi di mortaio, cannonate e missili a seminare morte e distruzione nell’Ucraina invasa dalla Russia.

Questa guerra alle porte di casa di un’Unione Europea che deve trovare un difficilissimo equilibrio tra  animi incendiari e impegno pacifista, non la si sta combattendo solamente sul terreno e con armi convenzionali. C’è, ad esempio, la stretta delle sanzioni economiche con le quali si prova a intaccare la capacità militare russa (certamente superiore sul piano numerico rispetto a quella ucraina che sin qui sta sopperendo con una fiera resistenza di popolo forse inattesa) e c’è poi quell’arma – non meno devastante di quelle che materialmente “sputano” fuori fuoco e piombo – che è rappresentata dalla disinformazione. Non è certo un mistero che in ogni guerra si facciano i conti con una narrazione artefatta della realtà, una “verità doppia” che riflette le differenti posizioni di chi un dato episodio lo racconta.

Ed anche in questo conflitto in Ucraina la “macchina” della disinformazione si è poderosamente messa in moto subito (anzi, anche prima che materialmente soldati e blindati facessero materialmente il loro ingresso nel Paese invaso) e intreccia il proprio cammino con quello della propaganda militare pura. Nella narrazione di parte la bugia trova sempre più spazio e non sempre il sistema dell’informazione, anche quello mainstream e strutturato, è nelle condizioni di poter effettuare accurate e tempestive verifiche sul campo. E poi non va dimenticato che in questo conflitto, assai più di quanto accaduto in passato, gioca un ruolo importantissimo  il mondo dei social che di questa guerra sta offrendo un racconto, anche per immagini,  praticamente in presa diretta con un surplus emotivo che la mediazione giornalistica di solito non dà. Un quadro composito nel quale oltre alla disinformazione intenzionale trova spazio la misinformation, la diffusione non intenzionale di fake news: in pratica si diffonde, in buona fede, un dato contenuto ritenendolo veritiero mentre si tratta di una  notizia falsa, magari utilizzando le decine di gruppi whatsapp, telegram e chi più ne ha più ne metta nelle quali ciascuno di noi è infilato e che, per via di quel carico fiduciario che si porta dietro (più o meno conosco gli altri appartenenti al gruppo e di loro mi fido), spalanca la porta con la nostra colpevole superficialità a cumuli di false informazioni e teorie strampalate (ma affascinanti).

Così ecco che può capitare che anche un tg nazionale utilizzi, scambiandole per autentiche, immagini di un videogioco per illustrare scene di guerra o di “promuovere” a copertina “autentica” di Time quel meme che ha impazzato in rete con il volto di Putin al quale era stato sovrapposto un particolare di quello di Hitler. Ma prima che la verità fosse ristabilita (e li è stata davvero questione di una ventina di minuti) quanti avranno pensato che quella  vista in tv al Tg nazionale  fosse la vera copertina di Time?.   E quanti commenti, post, tweet e retweet frattanto quella finta copertina aveva suscitato?

Difendere la trincea della buona informazione, di quella verificata, è indispensabile sempre, a maggior ragione quando si racconta una guerra. Anche per questo testate e istituzioni stanno moltiplicando gli sforzi per svolgere verifiche sempre più accurate, almeno nei limiti che in simile contesto sia possibile. E in questo senso vale la pena di richiamare l’iniziativa che in Italia ha portato, già alcuni mesi prima che deflagrasse il conflitto in Ucraina,  alla creazione del progetto Idmo – Italian digital media observatory che adesso sta concentrando gran parte del proprio lavoro di analisi sui flussi di notizie relative alla guerra. A coordinare l’Osservatorio italiano è Gianni Rotta, componente del board dell’Edmo (European digital media observatory) istituito dall’Unione Europea un anno fa. Un lavoro costante e sistematico di fact checking per verificare la fondatezza di tante notizie che, attraverso tutti i canali, rimbalzano sin dentro casa nostra a volte, come nel caso delle piattaforme social, affidando a ciascun fruitore il compito di capire quanto attendibile sia quella data notizia. Utilissimo strumento anche la pagina online di Facta (facta.news), progetto ideato da Pagella Politica, che aggiorna dal 24 febbraio scorso, giorno dell’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, l’elenco delle fake news diffuse sul conflitto. Come dire, almeno sul fronte dell’informazione non siamo completamente in balia del nemico.

[*] Ex Post (nel senso che volevo scrivere un post ma è venuto troppo lungo…)

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