Pur registrando un’astensione massiccia dal voto, gli italiani elettori che si sono recati alle urne hanno decretato senza alcun possibile equivoco la voglia di cambiamento, premiando in modo netto la coalizione di centro-destra.
E’ all’interno di questa coalizione che si sono avute, però, alcune sorprese: se ci si aspettava la vittoria del partito della Meloni, Forza Italia ha palesato limiti evidenti, amplificati dal declino – anche fisico – del suo Deus ex machina Berlusconi. La Lega ha fatto ancora peggio, con un risultato che, se non fosse corroborato dalla complessiva vittoria della coalizione, sarebbe considerato una vera débacle.
Queste sorprese hanno evidenziato incrinazioni già ai primi adempimenti: l’elezione del Presidente del Senato ha dimostrato che il tentativo di Berlusconi di far pesare più del lecito i propri senatori, con l’astensione dal voto, è stata rintuzzata egregiamente da La Russa e dalla Meloni che, evidentemente temendo qualche sgambetto, si erano premuniti cercando e trovando consensi trasversali in altri schieramenti. E i numeri lasciano poco spazio alla fantasia, certificando che qualcuno del PD e forse anche dei 5 stelle, hanno fatto da stampella per il successo di La Russa al primo scrutinio. Già, il PD, partito impalpabile, dall’incomprensibile strategia preelettorale di non fare coalizioni valide elettoralmente, che ha perso malgrado tanti consensi raccolti tra elettori certi solo di non voler votare per il centrodestra, e tanto malcontento di vecchi seguaci che ancora aspettano di sentir dire, e soprattutto fare, da Letta qualcosa di sinistra.
E il terzo polo, che malgrado quanto dichiarassero Calenda e Renzi, è stato bloccato dall’elettorato. L’unica nota inattesa dall’esito del voto è stata il recupero del movimento che fu di Beppe Grillo, ologramma di chi non è riuscito a cambiare quasi nulla malgrado il precedente plebiscito parlamentare, e che ora è saldamente il partito di Conte che, non essendo riuscito a rifare una specie di “balena bianca”, ha ripiegato sulla difesa a oltranza del reddito di cittadinanza, e rispetto alle fosche previsioni, ha ottenuto un risultato che lo tiene a galla, in un agone politico che, certo per vie tortuose, lo ricondurrà a ricercare accordi con il PD più che con altri, per non scomparire alla prossima tornata, soprattutto se la Meloni riuscirà a mantenere la sua promessa di abolire il reddito di cittadinanza.
E’ a lei che spetta l’onere, più che l’onore, di dar vita ad un governo che sappia affrontare nel modo giusto i problemi immediati e di medio periodo: il costo dell’energia è di certo al primo posto, ma la gestione del post pandemia e delle conseguenze del conflitto bellico tra Russia e Ukraina, non sono da meno. E la gestione oculata del PNRR è alla base dell’attività da mettere in atto per evitare che il paese sprofondi, con un occhio attento ai vincoli comunitari, destinati a pesare ancor di più nel prossimo futuro.
In Sicilia la situazione non è per nulla semplice. A parte il successo elettorale del fenomeno Cateno De Luca, che ha eletto un drappello di deputati ma è rimasto insoddisfatto dalla mancata vittoria, alla quale poteva aspirare concretamente se ci fosse stato anche da noi il ballottaggio, il centro destra ha conquistato una vittoria contrastata solo dal movimento 5 stelle, perché tutti gli altri competitori si sono rivelati poca cosa, in grande crisi involutiva. Mancano le idee innovative, mancano i supporti ideologici che prima sostenevano i grandi partiti politici. La crisi nazionale del PD assume in Sicilia proporzioni gigantesche, le vecchie logiche personalistiche ancora prevalgono qua e là, anche se molte “vecchie volpi” della politica saltate sul carro della Lega pensando che potesse essere l’asso pigliatutto del centro destra, hanno dovuto subire, e a Sala d’Ercole ci saranno molti volti nuovi, con una presenza significativa di Fratelli d’Italia. Il “governatore” Schifani, che negli ultimi decenni in Sicilia si è visto poco, dovrà faticare parecchio se vorrà davvero porre le basi per una rinascita dell’isola, che sul terreno economico vive una realtà sempre più desolante.
Le nuove energie fanno appello alle realtà locali, dove si è visto qualche segnale positivo, ma ciò che è realizzabile a livello amministrativo locale non è facilmente replicabile in sede politica regionale. Il riferimento alla buona amministrazione, dove in piccolo è stata realizzata, basterà all’auspicata riscossa della Sicilia? Purtroppo, come dicevano i nostri antenati latini, “ad impossibilia nemo tenetur” (Nessuno è tenuto alle cose impossibili) !