“Nessuno si permetta di farne un santino”
Si sono già dette, e ancora si diranno, tante parole su fratel Biagio Conte, missionario laico che ha speso la sua vita per gli ultimi e gli emarginati, incarnando quel Vangelo di Gesù Cristo nel quale credeva con la semplicità di un bambino.
Voglio mettere subito le cose in chiaro: nessuno si permetta di farne un santino, perché un conto è la santità, un altro conto sono i santini.
Ho avuto la grazia di condividere con fratel Biagio diverse occasioni nei miei tre anni vissuti a Palermo, soprattutto quando ho conosciuto per la prima volta lui e la sua bellissima realtà, la Missione Speranza e Carità.
L’occasione mi fu data dalla scelta di una tesina che dovevo preparare per l’esame di Catechetica e che, insieme ad un mio collega della facoltà teologica, decidemmo di dedicare alla Catechesi nei confronti dei senzatetto. Imparai da Biagio che l’unica catechesi possibile è l’Amore (in realtà vale per tutte le categorie da “catechizzare”).
Nei suoi occhi, nelle sue delicate carezze, nelle sue semplici parole, scorgevo quell’Amore senza misura che è il metro cristiano per approcciarsi agli altri, soprattutto ai poveri e agli emarginati.
E proprio per quanto detto prima, non se ne faccia un santino, mi piace ricordarlo come una spina nel fianco per noi cristiani, che troppo spesso ci adagiamo alle logiche di questo mondo dimenticando il centro di tutto, il Vangelo.
Una spina nel fianco, fastidiosa al punto giusto, che ti permette di non addormentarti mai, che ti mette in discussione.
Si, una spina nel fianco, per noi che condividevamo la stessa fede ed anche per tutti. Prova ne sia la capacità di una vita che è riuscita ad andare oltre gli steccati della fede cristiana e cattolica.
Ho esperienza diretta della stima e dello stimolo che Biagio è stato anche per atei, agnostici, cristiani di altre denominazioni, musulmani. Una immensa capacità di incontrare l’uomo per quello che è: figlio di Dio.
E adesso? C’è chi dice “è morto un santo”, a me piace dire “è morto un uomo di Dio”. E allora non sarà importante che fratel Biagio Conte salga agli onori dell’altare (francamente, mi importa poco o niente). Sarà più importante avere la sua stessa attenzione agli uomini in carne ed ossa perché è lì che i santi incontrano davvero Gesù Cristo. È lì che lo ha incontrato fratel Biagio.
Ed è in questo incontro che mi sembra si incarni il Vangelo quando dice: “Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi». Allora i giusti gli risponderanno: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?». E il re risponderà loro: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me»” (Mt 25, 34-40)