Dobbiamo tornare alla Bibbia, al Vecchio e più ancora al Nuovo Testamentano e trovare lì, in quella parola, che noi crediamo Parola di Dio, che dobbiamo trovare il significato religioso di un evento

Il primo settembre  si concludono ormai da 70 anni i festeggiamenti in memoria della lacrimazione del quadretto raffigurante la Madonna. L’evento in se straordinario si verificò a Siracusa in casa dei coniugi Iannuso, in via degli Orti, tra il 29 agosto e il primo settembre 1953. La foto che qui pubblico fu scattata da un cine operatore siracusano, Nicola Guarino, mentre dagli occhi del quadretto sgorgava un liquido che, esaminato da una commissione scientifica presieduta da un illustre Medico dichiaratamente ateo, il dott. Michele Cassola, si dimostrò essere liquido umano, in altre parole lacrime umane. La lacrimazione durante i quattro giorni avvenne a intervalli e si concluse il primo settembre del 1953. L’avvenimento, dopo le prime ore, divenne di pubblico dominio e tantissime furono le persone che assistettero al prodigio. Naturalmente potete immaginare che il quadretto fu scomposto e analizzato in tutte le sue parti e non furono riscontrate manomissioni e alterazioni.
Di tale avvenimento, cui ovviamente seguirono svariati miracoli di guarigione riconosciuti dalla Comunità scientifica e accettati dalla Chiesa , non amo parlare volentieri. In questo mi sento molto vicino al pensiero di Benedetto XVI quando afferma che una ragione senza fede può degenerare nella deizzazione dell’uomo e che la fede senza la ragione può sfociare nel fanatismo assoluto altrettanto pericoloso. Dunque Fede e Ragione dovrebbero tenersi insieme relazionalmente, una come fondamento dell’altra. Questo approccio epistemologico alla fede, però, mi ha sempre lasciato un po’ diffidente di fronte a fenomeni di fede che non possono essere spiegati razionalmente. E tutto lo sforzo del teologo Ratzinger a dimostrare che Cristo può porsi a fondamento della nostra ragione traballa non poco di fronte a fatti evidenti e nello stesso tempo metafisici.
E si, perché la lacrimazione di quel quadretto fu un fatto evidente, decretato scientificamente e testimoniato da una moltitudine di persone. Un fatto come segno incontrovertibile di una realtà oltre. Almeno fino a quando la scienza non possa riuscire a spiegare come sia possibile che da un quadretto di gesso e precisamente dagli occhi della effige di Maria possano sgorgare lacrime umane. Perché, posto che il fatto sia avvenuto e storicamente accertato, è di fronte al “Come sia stato possivile” che la Scienza si ferma senza alcuna risposta, tanto che quel “fatto” non può annoverarsi dentro il sistema delle leggi della fisica che noi oggi conosciamo. Eppure che sia avvenuto, che si sia verificato non vi sono dubbi. È a questo punto che entra in gioco la fede? Niente affatto. Chi non crede, chi si professa culturalmente ateo, può dire che ciò che la Scienza non comprende e non spiega è un suo limite poiché la Scienza non ci offre una conoscenza completa e definitiva della realtà intellegibile. Pertanto i fenomeni oggi non spiegabili scientificamente domani potrebbero esserlo, e dunque essi non possono intendersi come anticipazioni, segnali di realtà ultronee di carattere religioso, insomma di realtà che ci indicano l’esistenza di Dio. Per chi ha la fede, per chi crede, invece, le cose si complicano. Parlo di una Fede adulta che ha il suo fondamento nella Sacra Scrittura e in come quella scrittura è stata letta, interpretata e vissuta dai cristiani nel corso dei secoli e dunque dalla Chiesa. Anche chi ha Fede dunque non può gridare al miracolo tour court benché si trovi di fronte a fenomeni sovrannaturali se quel fenomeno non può fondarsi sulla sacra scrittura. È li che l’uomo di Fede deve ricercare il senso e la spiegazione di un fenomeno soprannaturale che la Scienza non sa spiegare. Dobbiamo tornare alla Bibbia, al Vecchio e più ancora al Nuovo Testamentano e trovare lì, in quella parola, che noi crediamo Parola di Dio, che dobbiamo trovare il significato religioso di un evento soprannaturale. E dunque per noi credenti anche la lacrimazione dell’effige della madre di Gesù va letta alla luce del Vangelo. Ma non una possibile lacrimazione astratta di Maria, che può verificarsi fuori dal tempo o della storia, ma la lacrimazione di Maria avvenuta a Siracusa dal 29 agosto al primo settembre 1953. Dove avvenne? In quale contesto? Perché Siracusa? Possono quelle lacrime essere non solo viste ma ascoltate e quindi connotate come un linguaggio, una forma di comunicazione non verbale a noi rivolta? E se si di che linguaggio si tratta? Quei fatti per come si svolsero devono trovare posto nella scrittura, non essere in contraddizione con essa; non possono semplicemente essere fatti devozionali che toccano la pietas del popolo sofferente, le sue emozioni, ma devono essere fatti che annunciano l’incarnazione, la passione, la morte di Gesù Cristo e la sua Resurrezione.
Questo è criterio teologico per cui un fatto giudicato come soprannaturale possa definirsi religioso e miracoloso. E allora la o le domande che ci poniamo di fronte alla lacrimazione di Maria del 1953 possono essere le seguenti: 1. Perché Siracusa? 2. Perché piange in una camera da letto di due sposi poveri la cui Signora sta per dare alla luce un bambino? 3. E perché invece di parlare come più volte Maria ha fatto nelle sue apparizioni riconosciute dalla Chiesa in questa circostanza piange in silenzio? Poi il quadretto fu spostato nella piazza Euripide antistante la casa dei coniugi Iannuso e lì pianse di nuovo per più giorni di fronte a una moltitudine che accorreva da tutte la parti della città e anche da fuori Siracusa. Quelle lacrime volevano farsi vedere dalla gente; non più dunque una comunicazione privata e interpersonale con la signora partoriente, ma una comunicazione col la folla, potremmo dire una comunicazione sociale. Perché?
Nel 1953 Siracusa è una città molto povera. I suoi fasti del passato greco sembra siano la causa della sua successiva conquista e devastazione romana. Da allora la città non si è più risollevata ed il suo popolo è stato sempre in qualche modo dominato: Arabi, Musulmani, Bizantini, Turchi ottomani, Francesi e Spagnoli e poi sotto i Borboni…Questa terra è stata anche bagnata dal Sangue dei martiri dei primi cristiani di cui Lucia è stata la più illustre e venerata dai siracusani. E le catacombe siracusane sono una testimonianza storica incontrovertibile della presenza delle prime comunità cristiane in città. Siracusa dunque che attende il suo riscatto, la sua rinascita esattamente come le terre di Nazaret e Gerusalemme ai tempi di Gesù.
La lacrimazione, poi, ci rimanda agli occhi che sono la sorgente delle lacrime versate… Ma Siracusa, dal punto di vista della fede ha già a che fare con gli occhi e sono quelli di Lucia la Santa della Luce. Gli occhi! Una coincidenza non occasionale, non banale. Con gli occhi si vede, con gli occhi si parla, con gli occhi si esprimono sentimenti, e si porta fuori l’animo che ognuno possiede. Gli occhi! Organo del nostro corpo che più di ogni altro esprimono il legame tra spirito e terra, tra gioia e dolore…
L’effige di Maria sgorga lacrime su una donna gravida che sta per partorire: emozione di gioia e dolore insieme; di augurio per il futuro e ansia allo stesso tempo. Lacrime per una vita che sta per nascere. Ed è proprio dentro questa esperienza di maternità generatrice di vita che Maria versa le sue lacrime. Ogni essere umano prima o poi di fronte alla vita nascente piange. E sono lacrime che esprimono il nostro essere tutto intero: gioia, dolore, ansia, preoccupazione, e tanta, tanta speranza. Sono lacrime di tenerezza. Questa relazione tra le lacrime versate dal quadretto di Maria a Siracusa e la vita nascente data alla luce da una donna che si fa madre, va sempre tenuta in conto e sullo sfondo come criterio per comprendere a pieno il significato di quelle lacrime ed è un criterio teologico chiaro. Potremmo dire lo scenario logistico, scenografico, rappresentativo e persino teatrale: Maria è legata indissolubilmente alla vita che nasce(incarnazione); alla vita che cresce (educazione e formazione); alla vita che viene spezzata (dolore e morte); alla vita che rinasce…Ed è il nostro percorso. E Lei ci è compagna con misericordia, cioè ci guarda con gli occhi del suo cuore. Quanto detto è frutto della mia immaginazione, del modo retorico e melenso con cui sempre parliamo di Maria, oppure questa relazione la possiamo incontrare nel Vangelo? Gli evangelisti non sono prodighi nel parlare di Maria…Tranne Luca e Giovanni, che ci dicono qualcosa in più di Lei, gli altri due, Matteo e Marco, sono ancora più parchi. Nel Vangelo è più forte il Silenzio assordante di Maria. È ciò che risalta di più. Quando restò incinta ella pianse? Può darsi. Quell’evento così sconvolgente non poté non provocare un pianto di turbamento; quando visitò Elisabetta pianse? Certamente di gioia e ancora una volta di fronte alla vita nascente; quando partorì pianse? Si è fu un pianto di dolore e gioia insieme; quando smarrì Gesù: fu un pianto di preoccupazione; e lungo la strada della passione, Maria, mentre lo accompagnava piangeva di dolore, fino ai piedi della Croce ella pianse per la vita spezzata. Una morte per lei ingiustificata e crudele; e pianse Maria di gioia quando le fu annunciato che suo figlio era risorto e in quel sepolcro non c’era più. Perciò si può parlare di lacrime di tenerezza.
Ecco, ho trovato una chiave che colloca nel Vangelo l’avvenimento della Lacrimazione di Maria a Siracusa: il pianto di Maria a Siracusa è certamente in relazione alla vita nascente. Non può dirsi un caso che la Signora Iannuso fosse incinta e di li a poco stesse per dare alla luce un bambino.
Non vorrei passare per eretico, ma Maria non piange per i nostri peccati, mancanze, o per le nostre debolezze o bisogni e aspirazioni. Maria nel Vangelo piange sempre per suo figlio, per la vita di suo figlio…E allo stesso modo a Siracusa quel quadretto piange sopra la testa di una donna che sta per partorire. Allora quel pianto non ha bisogno di tante elucubrazioni per essere compreso ma ci riporta alla nostra esperienza, al nostro atteggiamento di fronte alla vita che nasce, che cresce, e che poi invecchia e muore o che viene prematuramente spezzata, ma che alla fine rinasce perché risorge in Dio. Ed è un pianto di tenerezza per noi che di Lei siamo figli.
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