«Nel faustissimo giorno della sua religiosa vestizione

mentre il cuore sovrabbonda di gaudio nell’indossare le serafiche lane di S. Chiara

cambiando il nome di Adelaide Di Mauro in quello di suor Chiara Francesca di Gesù Agonizzante

implora celesti benedizioni al Padre, congiunti, consorelle, e a quanti partecipano alla sua gioia»

Il 14 settembre 1924 Adelaide fu ammessa nel monastero delle Clarisse di Messina e il 19 Giugno 1925 si ebbe anche la sua vestizione religiosa, in occasione della quale scelse di diventare suor Chiara Francesca di Gesù Agonizzante.

Era l’inizio di una vita nuova, una vita vissuta intimamente insieme a quel Gesù che amava da tutta la vita. In monastero si accentuarono in lei i momenti di estasi, in cui sembrava quasi essere trasportata in Paradiso. Le manifestazioni estatiche si presentavano quando suor Chiara ascoltava musica o cominciava a suonare o, semplicemente, se si soffermava in contemplazione su un’immagine sacra; tutto quanto agli occhi di suor Chiara potesse rappresentare una manifestazione dell’amore di Dio verso gli uomini si tramutava per lei in uno slancio mistico, quasi che nel suo muto dialogo con Gesù lei lo volesse ringraziare per tutti i doni che incessantemente Egli ci offre.

Tutta la sua vita sembrava rivestirsi di un candore eccezionale eppure, anche in quello che suor Chiara definiva un nido, lei si ritrovò a lottare con una donna d’indubbia tenacia e di animo duro: suor Fedele Castrogiovanni, badessa del monastero di Clarisse di Messina, una donna che per suor Chiara non ebbe mai il minimo riguardo.

In quel periodo comparvero anche le prime stimmate ai piedi che furono fraintese dalla badessa che le considerò piuttosto una disfunzione di tipo organico costringendo la suora a continui pediluvi in acqua bollente che contribuivano solo ad aumentare quelle emorragie.

Suor Chiara rapiva tutti con i suoi comportamenti e i suoi gesti che sembravano davvero provenire direttamente da Dio e la badessa finì per lasciarsi vincere dall’invidia. Credeva, infatti, che tutte le sorelle dovessero a lei obbedienza e devozione, ma, sebbene l’obbedienza poteva esserle dovuta dal ruolo che ella esercitata, la devozione va conquistata con l’amore, con il rispetto, con la carità, insomma con tutti quei sentimenti che suor Chiara custodiva nel suo cuore sin da bambina. Suor Fedele non riusciva a sopportare nulla di tutto questo:  non riusciva a sopportare il silenzio che la contraddistingueva né, tantomeno, quel suo modo di parlare così sottile, così dolce, così dimesso eppure così travolgente.

La badessa ebbe spesso nei confronti di suor Chiara comportamenti poco caritatevoli; la mortificava spesso «ed essa rimaneva serena, senza mai risentimenti o lamenti». Un giorno arrivò anche a darle dei pugni in testa per semplici motivi di gelosia a causa del fervore che la religiosa metteva nella preghiera: «“prima io devo farmi santa, non tu” le diceva mentre la picchiava gettandola a terra».

Arrivava persino a criticare la sua propensione alla preghiera perché credeva che fondamento della vita francescana fosse soltanto il lavoro manuale.

Nonostante l’impegno e lo zelo, a causa della manifesta ostilità della superiora, suor Chiara non arrivò a prendere i voti perpetui; col pretesto dell’insorgenza di quei fenomeni “incomprensibili” – ossia le estasi mistiche e le prime stimmate – il 21 febbraio 1929 fu mandata a casa per «curarsi la salute» ma, di fatto, fu una vera e propria espulsione dal monastero.

Furono considerate stranezze quei doni soprannaturali che Gesù le elargiva e fu cacciata dal monastero perché non vennero comprese le meraviglie che si stavano compiendo il lei. Nell’esempio del suo Sposo, anziché essere accettata, fu ripudiata, cacciata da quel nido che la faceva sentire parte attiva della Chiesa.

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