Titola della Settimana: Amarcord 1973 di Federico Fellini.

Un anno nella vita di un borgo riminese negli anni trenta, da una primavera all’altra, visto attraverso lo sguardo dei giovani che con le loro irrequietezze, i loro sogni e le prime inevitabili pulsioni sessuali si apprestavano a lasciare l’adolescenza per inoltrarsi nel mondo dei grandi.

Tra questi Titta Biondi, insieme a lui Fellini ci trasporta in un universo popolato da una serie di personaggi come, Gradisca la parrucchiera, la ninfomane Volpina, la tabaccaia, un emiro con trenta concubine, il podestà, il preside e i professori, e poi c’è la famiglia, ogni episodio scandisce per Titta un evento o un ricordo della vita, la gita in barca a salutare il Rex di ritorno dall’America, un giorno a scuola, lo zio Teo che si arrampica su un albero chiedendo una donna, il cinema Fulgor, la parata del Duce, la 1000 miglia e i ritrovi con gli amici, tutto sulle note di Nino Rota.

Con Amarcord Fellini torna al racconto autobiografico, dopo I vitelloni, elevandolo a mito, ma qui a differenza del film citato il suo sguardo si fa più ironico e cinico, in perfetto equilibrio tra finzione e realtà, ma con precisa attendibilità storica, con la prima ad avere il sopravvento, motivo per il quale i luoghi sono per larga parte ricreati a Cinecittà . Amarcord è un ritorno all’infanzia, un tempo che non tornerà, per ricreare i volti di questo universo il regista ha voluto, Pupella Maggio, mamma di Titta- Bruno Zanin, il protagonista, che prende il nome da un’amico d’infanzia compagno di scuola di Federico, Luigi Benzi detto appunto Titta, Alvaro Vitali , Magali Noel, Nando Orfei e un indimenticabile Ciccio Ingrassia – zio Teo che fu scelto dal regista per la bravura e per la somiglianza a un suo vero zio. Non tutti gli episodi sono centrati, ma la regia è sublime e bisogna lasciarsi trasportare dalle microstorie della narrazione, che essendo i ricordi di un bambino alla fine hanno un senso, come le parole di Tonino Guerra, ” Federico ha regalato l’infanzia al mondo“. Tutti gli episodi sono montati da Ruggero Mastroianni, fratello di Marcello, e come in tutti i film felliniani il ruolo delle donne è centrale. Bidone, vitellone,paparazzo, dolce vita, Amarcord, vocaboli dalla celluloide al nostro patrimonio linguistico, quando Fellini gira Amarcord ha 53 anni, gli stessi di Peppuccio Tornatore quando gira Baaria, ognuno con i propri ricordi ci hanno regalato sogni. Amarcord, premio Oscar 1973, è stato campione d’incassi anche negli Stati Uniti. Dimenticavo, fotografia magica di Giuseppe Rotunno. Grande cinema italiano. Buona visione

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