Impegno politico dei Cattolici – La Dc, fu vera gloria?
«A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà.»
È ancora presto per scrivere la storia della balena bianca.
L’ultima generazione della sua classe dirigente spesso e volentieri rievoca il popolarismo di don Luigi Sturzo, e proprio in questi giorni si rincorrono le celebrazioni per di cui in questi giorni si celebra il 105° anniversario dell’appello ai “Liberi e Forti”.
Ciononostante forse mai è arrivata una seria e conseguenziale autocritica di quei notabili che senza pensarci due volte chiusero a doppia mandata l’esperienza storica dell’impegno politico unitario dei cattolici italiani pur di farsi assicurare un seggio in parlamento dai poli di destra e sinistra; scambio reso possibile dalle leggi salva nomenclatura che dal Mattarellum al Porcellum al Rosatellum hanno consentito sempre più la autocomposizione di parlamenti anticostituzionali (sentenza della Corte costituzionale docet). Adesso qualcuno di questi timidamente comincia a dirsi deluso da come ormai non li cerchi più nessuno se non per qualche comparsata.
La stessa gerarchia della chiesa italiana che in un primo momento aveva avallato la diaspora nei diversi forni (si ricordi la metafora Andreottiana) comincia a rendersi conto che l’allontanamento dalla militanza politica di buona parte dei cattolici ha lasciato spazi a scorribande di gente improvvisata, talmente impreparata quanto arrogante nel rivestire ruoli istituzionali, da far dimenticare i peggiori vizi della degenerazione partitocratica degli anni ottanta del secolo scorso, i cui esisti portarono al crollo della cosiddetta prima repubblica.
Certo, il fenomeno del populismo (che è cosa opposta al popolarismo), la propensione alla ricerca del leader carismatico, il dibattito politico condizionato dai like sui social, i diversi modelli di stratificazione e mobilità sociale, hanno cambiato radicalmente il modo di fare politica e quindi non si possono riproporre oggi modelli di aggregazione partitica come nel passato, così come non si può tollerare che le sezioni territoriali siano state sostituite dai gruppi whatapp.
Che fare allora? Come riprendere il bandolo della matassa quando si è smarrita la bussola civica forgiata con il sangue di due guerre mondiali e ci stiamo lentamente incamminando verso la terza guidati dall’intelligenza artificiale?
Chi sono oggi i “liberi e forti” con cui intraprendere un percorso non facile ma necessario, per ridare alla politica il senso del domani e dunque un futuro di pace alla Città dell’Uomo?
Già porsi queste domande può essere un buon primo passo…