Tra tante conseguenze negative dovute alla pandemia, ce n’è qualcuna con risvolti positivi. Tra queste possiamo annoverare un diverso ruolo dei padri, che sembrano non più disposti come nel passato a rinunciare al tempo per i figli.

Per la verità, c’è ancora tanta strada da fare riguardo la fruizione del congedo di paternità obbligatorio, che è un periodo di astensione dal lavoro riconosciuto ai padri lavoratori della durata di dieci giorni, fruibili nell’arco temporale che va dai 2 mesi precedenti alla data presunta del parto ai cinque successivi ad esso, sia in caso di nascita che di morte perinatale del bambino. Il periodo è calcolato allo stesso modo anche rispetto alla data di ingresso in famiglia del minore in caso di adozione o di affidamento o collocamento temporaneo).

Obiettivo del congedo di paternità obbligatorio è ottenere una più equa ripartizione delle responsabilità di assistenza tra uomini e donne e permettere una precoce instaurazione del legame tra padre e figlio. Il congedo di paternità è riconosciuto ai soli lavoratori dipendenti, pubblici e privati.  Tale congedo va ad aggiungersi, e non a sostituirsi, al periodo di congedo di paternità alternativo, che spetta al padre solo in funzione della morte, grave infermità o abbandono del figlio da parte della madre.  Sebbene l’incremento nell’utilizzo di questo diritto all’astensione lavorativa si registri in tutta Italia, chi ne usufruisce di più vive nelle province del Nord, mentre il tasso si abbassa in quelle del Sud.

In Sicilia, la provincia di Catania risulta quella con la percentuale più alta (45%), seguono Siracusa e Ragusa (rispettivamente 44% e 42%), Caltanissetta (38%), Messina (37%), Palermo (36%), Enna (34%). In coda anche tra tutte le province italiane, Agrigento e Trapani (29% e 27%). Tutte le province siciliane, comunque, registrano percentuali molto lontane da quelle con valori più alti come Bergamo e Lecco (81% in entrambi i casi), Treviso (82%), Vicenza (83%) e Pordenone (85%). Secondo l’elaborazione di Save the Children dei nuovi dati INPS e diffusi in occasione della Festa del Papà di oggi, se sono ancora le donne a dover rinunciare alla carriera o addirittura al posto di lavoro perché il carico di cura risulta spesso un impedimento alla loro vita professionale, qualcosa nell’universo della paternità si muove e anche in maniera costante. Permane un forte squilibrio di genere tra i due genitori nella cura dei figli, ma i dati mostrano che la percentuale di padri che usufruisce del congedo di paternità si è più che triplicata tra il 2013 e il 2022. “Il coinvolgimento dei padri nella cura dei figli sta cambiando, anche se lentamente, anche in Italia, a favore di una maggiore condivisione delle responsabilità. È necessario sostenere questo cambiamento, andare nella direzione di un congedo di paternità per tutti i lavoratori, non solo i dipendenti, garantendo che i datori di lavoro adempiano all’obbligo di riconoscere tale diritto, e fino ad arrivare all’equiparazione con il congedo obbligatorio di maternità. Una misura, questa, anche a sostegno delle neomamme, in un periodo della vita che troppo spesso si rileva difficile e caratterizzato da sentimenti di inadeguatezza e solitudine, afferma Giorgia D’Errico, Direttrice Affari pubblici e Relazioni istituzionali di Save the Children.

“È essenziale incoraggiare i nuovi padri nella piena condivisione della cura dei figli, eliminando, al contempo, i tanti ostacoli che ancora oggi bloccano l’ingresso e lo sviluppo professionale delle madri nel mondo del lavoro” conclude D’Errico. Nella fruizione dei congedi di paternità si rilevano forti disuguaglianze tra le diverse tipologie contrattuali, a favore di chi ha un contratto di lavoro più stabile.                                                           Salvo Sorbello – presidente provinciale del Forum delle Associazioni Familiari

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