Dalla paura del male alla fiducia in Dio

 

Il Vangelo di questa domenica è il brano sulla tempesta di mare sedata da Gesù a bordo della barca dei discepoli (cfr. Marco 4,35-41): gli evangelisti lo riportano come episodio cruciale per la maturazione della fede in Cristo da parte dei Dodici, e di conseguenza modello esemplare per la vita spirituale di tutti noi credenti. Gli esegeti del Nuovo Testamento hanno elaborato affascinanti analisi dell’articolazione narrativa di tale episodio. Effettivamente, pur nella sua brevità, è un racconto di grande impatto, descritto in modo avvincente, anche con un pizzico di suspense.

La ricchezza e profondità di questo passo non si limitano però di certo alla sfera dello stile letterario: sono versetti che possono e devono suscitare una riflessione decisiva nel nostro cammino di fede, alla scoperta sempre più approfondita della grandezza e del mistero di Gesù, nostro Signore e Salvatore.

Secondo una metafora diffusissima nei classici di tutte le grandi letterature antiche, l’esistenza umana è spesso paragonata a una nave che deve attraversare un mare a volte tempestoso. Per di più, nella mentalità biblica, il mare è un simbolo di tutte le paure causate dal male, e ogni suo attraversamento richiama l’archetipo dell’esodo dalla schiavitù d’Egitto al dono divino della terra promessa.

Sopraggiunge un uragano: il vento è simbolo della crisi e delle prove immancabili nella vita di ciascuno. E Gesù, pur presente sulla stessa barca, dorme: nei Salmi, l’idea che Dio dorma è associata a una supplica accorata per sollecitarne un intervento e un soccorso nei confronti dell’orante. Del resto, nel Getsemani, saranno i discepoli ad addormentarsi, lasciando Gesù nella solitudine della propria agonia. Gesù dorme perché si fida della perizia nautica dei suoi discepoli, non perché si disinteressa di loro: essi, al contrario, devono ancora crescere nella fiducia in Lui.

Sulla barca, i discepoli lo chiamano “Maestro”, appellativo alquanto distaccato (lo stesso che usavano i suoi oppositori): qualcosa della precedente intimità con Lui sembra infranto. Il duplice rimprovero di Gesù, espresso nei suoi interrogativi consequenziali (che potremmo tradurre: “avete paura? dunque non avete fede?”), dichiara la paura incompatibile con la fede, che invece è fiducia incondizionata. Gesù si rammarica sempre se i suoi discepoli reagiscono con ansia di fronte alla crisi: non c’è mai da dubitare che Egli sia il Salvatore onnipotente.

Più che i discepoli, Gesù rimprovera in realtà vento e mare, immagini del male, e lo fa con un imperativo esorcistico, adoperando lo stesso verbo utilizzato per scacciare i demoni. Similmente, nella Genesi, Dio biasima sì la disobbedienza di Adamo ed Eva, ma riversa la sua collera soprattutto sul serpente tentatore.

La risposta dei discepoli alle domande di Gesù è un’ulteriore domanda, che essi formulano ancora sbalorditi per la prodigiosità del miracolo avvenuto: “Chi è Costui?”. Domanda aperta, alla quale ognuno di noi deve rispondere, professando l’identità divina del Maestro, il Dio dei Salmi vittorioso sulle acque, sempre presente e sollecito per i discepoli in crisi.

Gesù ha manifestato un segno della sua potenza sulle forze della natura (vento e mare gli obbediscono), per insegnare ai discepoli la fede in Lui (la stessa barca gli era precedentemente servita come “cattedra” o “pulpito” per le folle). Solo Dio può placare il mare in tempesta al solo grido di una parola, come viene detto anche nel Salmo responsoriale della Messa odierna.

Quando Gesù si risveglia, giunge la bonaccia: ciò richiama immediatamente la sua Resurrezione, quando la gioia e la pace tornerà nel cuore dei discepoli dopo la terribile crisi di vederlo addormentato nel sonno della morte. La fede in Cristo Risorto metta in fuga anche tutte le nostre ansie e paure. Buona domenica!

Condividi: