“Commilitoni” di ieri e di oggi
Passata la tempesta mediatica che ha visto la cittadina di Sortino diventare location di inchieste giornalistiche nazionali, si comincia a delineare la reale portata del caso “Auteri”, che tanto sta scuotendo i palazzi palermitani e non solo questi.
E’ la storia del deputato regionale di prima nomina, eletto nella lista siracusana di Fratelli d’Italia a seguito della rinuncia del primo degli eletti, Luca Cannata, che ha optato per la Camera dei Deputati.
A dirla tutta, è la seconda volta che Sortino turba la stabilità del sistema di potere isolano. Nella prima metà del XVIII secolo, il Celona intentò la causa di riduzione al demanio del feudo di Sortino, minacciando così la tenuta dei privilegi baronali in tutta la Sicilia per l’effetto domino che ne sarebbe derivato in caso di vittoria dell’istante. La partita fu vinta temporaneamente dai rappresentanti del potere feudale, ma le rinnovate idee del centralismo monarchico erano ormai esplose in Europa e, nel volgere di qualche decennio, i Borboni se ne sarebbero avvantaggiati.
Il motivo di questo preambolo storico è presto detto.
Due sono le questioni che sembrano delinearsi nelle cronache di questi ultimi giorni. La prima riguarda la conversazione fra i giovani deputati Auteri e La Vardera, trasmessa da La7, in cui toni e contenuti utilizzati da Auteri nei confronti del collega, che lo intercettava a sua insaputa, sono decisamente poco “onorevoli”. La seconda questione è l’emersione del sistema di ripartizione ad personam, o “ad associazionem”, di prebende regionali, opportunamente spartite fra i deputati in modo così scientifico da far impallidire l’estensore del manuale Cencelli della prima repubblica e mettere in secondo piano le cosiddette leggi-mancia del Parlamento nazionale.
Della prima vicenda non tratteremo in questa sede: Auteri si è scusato, chiarendo il contesto in cui è maturato il suo dire. La Vardera, che ha abbandonato il partito Sud chiama Nord di Cateno De Luca dove era stato eletto, non avrebbe accettato le scuse per le minacce ricevute e, a questo punto, sarà la Procura della Repubblica a dire l’ultima parola sui risvolti giudiziari del caso.
La seconda questione, anche questa al netto di evidenze penali su cui ci sarebbero indagini in corso, fa trasparire tuttavia quantomeno aspetti etici che addirittura, per gravità, superano di gran lunga quelli politici.
Cioè, come emerso dalle inchieste giornalistiche de La Sicilia, è mai possibile che deputati di maggioranza e opposizione (fra questi anche il grande fustigatore La Vardera) si accordino per spartire ad intuito personae i soldi pubblici votando una apposita legge, e che i fondi che vadano ad associazioni o enti – sembra – riconducibili anche a parenti di deputati o dello stesso Presidente della Regione? Il Parlamento, per definizione, non dovrebbe mettere in atto solo leggi generali e astratte? Questo malcostume parlamentare è solo un discutibile grande inciucio trasversale fra i 70 inquilini di Sala d’Ercole, sede dell’Assemblea Regionale Siciliana, o si tratta di una vera e propria violazione del principio evolutivo delle democrazie moderne circa la separazione dei poteri? Pare infatti che il governo si presti a questo scempio della democrazia pur di avere l’ok al bilancio pubblico e quindi realizzare il programma elettorale per cui ha ricevuto il consenso.
Con i dovuti distinguo e contestualizzazioni, si ripropongono dunque le tesi discusse nella storica causa di Sortino: il potere e la rappresentanza del sovrano/del Presidente della Regione sono autonomi rispetto a quelli dei baroni/deputati? O il governo dell’isola deve essere spartito equamente fra sovrano e baroni in virtù della comune conquista/elezione dell’Isola?
L’avvocato Di Napoli, nel XVIII secolo, fece soccombere le richieste del borghese Celona a favore dei nobili Gaetani, sostenendo che il Gran Conte Ruggero e i baroni conquistarono insieme la Sicilia a danno degli Arabi e, quindi, insieme, da “commilitoni”, avevano diritti inalienabili sulle terre della Trinacria. Non è che anche i nostri deputati sono convinti della stessa cosa con la differenza che stavolta gli Arabi sarebbero i siciliani? Dimenticando che i principi su cui si fonda lo statuto autonomistico poggiano su ben altri presupposti e, soprattutto, sull’abolizione della cultura del latifondo.
Non è certo un caso se sempre meno elettori si recano alle urne…
- Immagine in evidenza: Sala d’Ercole, sede dell’Assemblea Regionale Siciliana