13 novembre 1974 , moriva Vittorio De Sica, uno dei massimi esponenti della cultura cinematografica italiana nel mondo

Il 13 novembre 1974 si spegneva a Neuilly-sur-Seine Vittorio De Sica, uno dei giganti del cinema mondiale e orgoglio della nostra cultura. Lo ricordiamo con uno dei suoi innumerevoli capolavori. Nella Roma ancora ferita e liberata dagli americani, Pasquale e Giuseppe sono due adolescenti con famiglie problematiche alle spalle. Sbarcano il lunario lucidando scarpe, e l’unico sogno che coltivano è quello di possedere un cavallo. Coinvolti dal fratello maggiore di Giuseppe in traffici poco puliti, vengono rinchiusi in un riformatorio, segnando così la fine della loro breve infanzia.

Due anni prima di “Ladri di biciclette”, già recensito, De Sica indica la via con la sua poetica e la sua forma stilistica, narrando, romanzandola, la vicenda di due adolescenti che aveva conosciuto personalmente nel 1944. Prosegue così il discorso iniziato nel 1943 con “I bambini ci guardano” e conclude questa ideale trilogia con, appunto, “Ladri di biciclette” nel 1948. Per De Sica, i bambini rappresentano figure imprescindibili del neorealismo. “Sciuscià” è il primo film di De Sica a varcare trionfalmente i confini, conquistando l’Oscar e aprendo la strada alla leggenda del cinema italiano. In appena 80 minuti, la pellicola ci fa toccare con mano la povertà, la miseria e il dramma di quegli anni, l’innocenza rubata, con il sogno di possedere un cavallo che risuona come una metafora: una ricerca di libertà, quasi a voler anticipare il volo sul Duomo di Milano in un altro grandioso film, “Miracolo a Milano”, anch’esso già recensito.

Ma per gli sciuscià non arriva nessun miracolo, perché devono confrontarsi con il mondo adulto e le sue regole. De Sica, con il suo cinema diretto e senza fronzoli, è impeccabile nella descrizione dei bambini di strada dell’immediato dopoguerra e della società tutta, allo sbando e alla ricerca di un’identità. Un film crudo ma con l’inconfondibile tocco di Cesare Zavattini, soprannominato il teorico del neorealismo, che collaborò con De Sica sia al soggetto che alla sceneggiatura, mentre il regista accentua la critica al sistema carcerario oppressivo gestito da ex fascisti. Fotografia di Anchise Brizzi, scenografia di Ivo Battelli, e musiche di Alessandro Cicognini. Tra gli attori non professionisti, l’unico a proseguire una carriera cinematografica fu Franco Interlenghi, che divenne un grande attore.

A cinquanta anni dalla sua scomparsa, la lezione di Vittorio De Sica è viva più che mai: un artista completo, anche come attore, e unico, alfiere di un cinema irripetibile. Ettore Scola, nell’anno della sua scomparsa, gli dedicò “C’eravamo tanto amati”, dove De Sica compariva brevemente nei panni di sé stesso. “Ladri di biciclette”, “Sciuscià”, “I bambini ci guardano”, “Umberto D.”, “Il giardino dei Finzi Contini” e, come attore, “Il conte Max” e “Pane, amore e fantasia”, sono patrimoni del cinema mondiale. Nel 2016, Mimmo Verdasca ha realizzato il bel documentario “Sciuscià 70”, riscoprendo i luoghi – oggi quasi irriconoscibili – dove fu girato il film, per non dimenticare e tenere vivo il ricordo di uno dei maestri del Novecento. Buona visione!

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