“Il conclave tra la domenica del mandato petrino e quella del Buon Pastore”
In questa terza domenica di Pasqua, la Liturgia della Parola della Messa proclama la pagina del Vangelo giovanneo che racconta la terza manifestazione del Risorto ai suoi discepoli.
L’incontro avviene presso il lago di Galilea, dove del resto era avvenuta già la chiamata dei primi apostoli di Gesù: sembra un ritorno alle origini della loro storia. Pietro va a pescare, come faceva prima di conoscere il Maestro. Viene affiancato da alcuni altri discepoli, fino a comporre un totale di sette persone: se può apparire un sottogruppo rispetto al numero dei dodici apostoli, la simbologia biblica del numero sette esprime in ogni caso una totalità che anzi prefigura l’intera comunità dei credenti in Cristo, significativamente rappresentata anche dall’anonimato di due componenti del gruppo.
Il primo segno che contraddistingue questo incontro col Risorto è l’abbondante pesca miracolosa, dopo il tentativo infruttuoso della notte appena conclusa, nella quale Pietro sembra aver perduto anche la propria perizia professionale: se l’assenza di Gesù è per lui un annullamento di tutto il senso che aveva trovato per la propria vita, la sua ritrovata presenza è promessa di rinvigorimento anche delle proprie attività terrene.
Segue un gesto molto significativo: la colazione condivisa con Gesù, in parte già preparata da Lui, per la quale tuttavia Egli esige anche un contributo dei discepoli, che d’altra parte è comunque dono di Gesù stesso («Portate un po’ del pesce che avete preso ora»: Gv 21,10).
Questo pasto, consumato in un silenzio mistico, riempito dalla gioiosa consapevolezza di trovarsi alla presenza del Signore, supera il senso umano del gesto. Esso è un richiamo al banchetto messianico, il banchetto eterno del Cielo, annunciato dai profeti e descritto anche nelle parabole di Gesù: «Venite a mangiare» (Gv 21,12).
Gesù «prese il pane e lo diede loro» (Gv 21,13): ancora una volta, la sua presenza in mezzo alla comunità dei discepoli è scandita da azioni eucaristiche, nelle quale Egli sembra voler riassumere tutta l’essenza del proprio messaggio.
Infine, Gesù suscita la triplice risposta dell’amore di Pietro, non soltanto in riparazione del suo triplice rinnegamento, ma anche come solenne consacrazione alla missione di pascere – proprio in virtù di quell’amore per Cristo – i suoi agnelli e le sue pecore.
Naturalmente, l’ultimo dialogo tra il Risorto e il principe degli apostoli risuona con un effetto particolarmente singolare proprio in questi giorni nei quali tutta la Chiesa sta pregando intensamente in attesa dell’elezione del successore di Pietro.
Il prossimo conclave, infatti, verrà convocato esattamente in mezzo tra la domenica in cui il lezionario festivo proclama questa missione petrina e quella in cui riascolteremo il discorso di Gesù sul “Buon Pastore”, colui che «dà la propria vita per le pecore» (Gv 10,11).
Provvidenzialmente protetta in mezzo a due messaggi evangelici così chiari, l’elezione del nuovo vicario di Cristo è custodita dall’amorevole sapienza di Dio, che tutto dispone per il bene e che non abbandona mai la sua Chiesa, per la quale Cristo ha dato la vita.