Titolo della settimana: Corvo Rosso non avrai il mio scalpo, 1972 di Sidney Pollack.

Un inno alla pace e alla tolleranza tra i popoli, ieri come oggi.

Nella prima metà dell’800 Jeremiah Johnson, in cacciatore di pellicce, decide disgustato dalla “civiltà “, di trasferirsi nelle montagne rocciose, tra i territori degli inospitali ma leali indiani Corvi, imparando in poco tempo anche grazie ai consigli di Unghia D’Orso a sopravvivere in quelle lande innevate e selvagge, costruendosi col tempo anche una strana famiglia con Caleb, un ragazzo unico sopravvissuto ad un massacro e una squaw avuta in regalo da un capo indiano.

Ma la “civiltà “, sotto forma di una guarnigione di soldati è in agguato. Stupefacente e bellissimo western di Sydney Pollack, che mescola il senso dell’avventura presente nei libri di Jack London al genere americano per eccellenza, spostandolo dalla sua classica topografia negli scenari maestosi e innevati del grande nord in una pellicola dove protagonista assoluta è la natura, con i suoi silenzi e lo scorrere delle stagioni.

Questo capolavoro rovescia drasticamente più di ogni altro film western di quel periodo, i rapporti tra i nativi e i bianchi, mettendo quest’ultimi di fronte alle proprie responsabilità. La coppia d’oro Pollack-Redford, grazie ad una sceneggiatura di ferro di John Milius, centra il bersaglio pieno con un personaggio unico nella storia del cinema, ne indiano ne americano ma uno spirito libero di cui sappiamo poco, forse è un reduce di guerra che cerca soltanto pace e serenità, commettendo soltanto un errore ,quello di accompagnare i soldati attraverso un cimitero, luogo sacro per gli indiani. Ma da lì tutto avrà inizio. Corvo Rosso non avrai il mio scalpo racconta il conflitto culturale tra i pellerossa e un uomo bianco che si è appena lasciato alle spalle la civiltà corrotta del tempo e anche quella di oggi, un un cinema di altri tempi che sembra esser stato girato oggi. Sidney Pollack ancora una volta ci aveva visto lungo e come ne I tre giorni del condor aveva previsto guerre future e scenari politici inquietanti. Il finale di Corvo Rosso poi  è uno dei più belli di sempre e ancora oggi a quasi cinquant’anni dalla sua uscita insegna meglio di qualunque libro, trattato o qualunque discorso cosa significa il rispetto e la tolleranza tra i popoli.

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