Dal nostro inviato

Con l’intervento del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana Gualtiero Bassetti si è aperto l’incontro Mediterraneo Frontiera di Pace che vede la presenza di 60 vescovi provenienti dalle nazioni che si affacciano nel mediterraneo. Nella sua prolusione il prelato ha sottolineato che: “La peculiarità di questo ritrovarci – non in un convegno culturale, né per una conferenza – è quella di esprimere il nostro modo più autentico di vivere ed essere Chiesa, che dà voce alle difficoltà e alle domande dei popoli che si affacciano sul Mediterraneo, in un momento che per tanti di loro è davvero drammatico. Si tratta di un incontro fraterno, tappa di un percorso più ampio; un’iniziativa che ci chiama ad accogliere quanto lo Spirito Santo saprà suscitare in un confronto e in una discussione che, ne siamo certi, avverrà con franchezza.  La comune appartenenza mediterranea delle nostre Chiese, la nostra comunione cum Petro et sub Petro e la ricchezza delle nostre tradizioni ci indicano – nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità – una vocazione comune. Una vocazione che ci rimanda all’essere profondo della Chiesa;  essere Chiese che ritornano costantemente alle sorgenti della fede, per trasmettere ai giovani e alle future generazioni la bellezza e la gioia del Risorto; essere Chiese delle beatitudini, attente a far germinare una nuova cultura del Mediterraneo, che non può che essere cultura dell’incontro e dell’accoglienza, pena il disordine incontrollato, l’impoverimento diffuso e la distruzione d’intere civiltà; essere Chiese della profezia, rispetto a ogni sistema di potere e di arricchimento che genera indifferenza, paure, chiusure e, quindi, iniquità, oppressione, guerre, crimini contro l’umanità; essere Chiese dei “martiri mediterranei” che sanno riconoscere i segni dei tempi e sono capaci di dialogo per “disarmare” ogni uso blasfemo del nome di Dio in odio al fratello.  Nell’era dei droni e delle bombe nucleari, nell’era in cui per la prima volta siamo costretti a fare i conti con il fatto che le risorse della terra non sono infinite e in quella in cui la scienza e la tecnologia hanno connesso il mondo, mettendo l’uomo in condizione di distruggere o salvare il pianeta, non c’è alternativa alla risoluzione pacifica delle controversie e alla collaborazione. La tutela dell’ambiente e della salute umana necessitano di un alto grado di costante collaborazione e scambio di informazioni, di relazioni internazionali, scientifiche, culturali, educative, fondate sulla trasparenza, sulla veridicità, sulla fiducia. La solidarietà fra i popoli e la capacità di darsi regole comuni per salvaguardare e promuovere la pace, l’ambiente, la dignità del lavoro e la salute non sono sogni, ma la condizione per garantire la sopravvivenza ordinata e pacifica del pianeta. Sono obiettivi a portata dell’umanità contemporanea e sono nel contempo il riflesso della verità profonda dell’uomo che Gesù Cristo ha rivelato e salvato. Soprattutto nel bacino Mediterraneo, dove convergono le tensioni e le contrapposizioni del mondo intero, l’alternativa alla pace è il rischio di un caos incontrollato. Gli scontri terroristici e militari procurano morte e sofferenze indicibili alle popolazioni inermi; la comunità internazionale e le organizzazioni sovranazionali gestiscono a fatica le crisi umanitarie che ne derivano, tollerando spesso violazioni ai diritti umani. Dobbiamo dire basta a questa politica fatta sul sangue dei popoli! Dobbiamo pretendere che le controversie internazionali siano affrontate e risolte nel quadro del diritto, del bene comune e di una più forte, più funzionale e incisiva azione delle Nazioni Unite”.

Successivamente mons. Raspanti si è soffermato sulla ricerca vocazionale mediterranea.

 

 

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