Quest’anno niente grandi celebrazioni per i 160 anni dell’Unità d’Italia unita, come invece si è fatto per i 150 anni.

Siracusa deve tanto all’unificazione italiana. Basti dire che fu elevata a rango di città capoluogo a discapito della già capo valle Noto.

In tutti questi anni molto è cambiato, anche in meglio, questione meridionale a parte. La maggiore urbanizzazione dei grandi centri del nord si è compiuta a spese dei piccoli centri del sud, la iniziale significativa crescita demografica adesso rallenta in modo preoccupante; rimane emblematica la evidente positiva mobilità fra le classi sociali associata ad una verticale crescita dell’alfabetizzazione, nonostante il preoccupante analfabetismo funzione di ritorno.

Sarebbe interessante osservare nel dettaglio le varie fasi che hanno caratterizzato il periodo unitario, con particolare riguardo allo sviluppo economico nel periodo liberale, fra le due guerre mondiali, il boom economico degli anni ’60 … ma ci porterebbe lontano rispetto all’interrogativo su cui oggi si vuole porre l’attenzione.

Quindi fermiamoci a fare un confronto su quanto è cambiato negli ultimo decennio.

Solo dieci anni fa parlavamo della crisi economica che non ci dava la giusta serenità per affrontare il futuro, troppe incognite pesavano sul presente: petrolchimico “esternalizzato” con le cessioni alla Russia Lukoil, commercio idem con i mega centri commerciali francesi e non solo); comunicazioni ferroviarie smantellate, nuove infrastrutture (porto turistico) bloccate. Era già evidente anche la ripresa dell’emigrazione: non più “operai e braccianti” con le valigie di spago e cartone ma “intellettuali e tecnici” con trolley ed telefono cellulare.

Segnali di ottimismo venivano dai riconoscimenti Unesco di Barocco-Siracusa-Pantalica e dalle esultanze per il guadagno di 30 minuti per arrivare in aeroporto grazie alla Sr-Ct (dopo 30 anni!); si riparlava anche della nuova tratta Sr-Gela (almeno fino a Rosolini) .

Oggi, dopo dieci anni, si continua a parlare di crisi, stavolta dovuta alla pandemia che ha portato l’ex Isab ad annunciare la cassa integrazione e a far chiudere i centri commerciali per motivi sanitari. Il conseguente crollo del turismo tuttavia ha paradossalmente portato le navi da crociera a sostare nei nostri porti e finalmente si è attivata la tratta ferroviaria fino all’aeroporto di Catania; a breve si attende il completamento della rete autostradale fino a Modica. Sempre per le restrizioni degli spostamenti, l’emigrazione giovanile sta subendo uno stop e si confida nel rientro di tanti grazie allo smart working;  il nuovo Ospedale di Siracusa pare sia sempre più vicino grazie ad un commissariamento dovuto all’emergenza Covid-19.

Come dire, con il volgere del tempo non tutto è perduto; adesso che in un solo anno la parola d’ordine è passata da “lockdown” a “vaccino” si comincia a credere in una nuova alba.

Tuttavia un amaro interrogati non è stato risolto al meglio. Fino a che punto siamo stati in grado di essere protagonisti dei cambiamenti in meglio e quanto siamo responsabili dei ritardi e dei fallimenti che sempre più stiamo registrando in un momento così delicato? Siamo a non siamo capaci, dunque, di gestire il nostro destino o l’ex capitale dell’impero d’Oriente è destinata a subire inerme i vortici di tempeste generate altrove?

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