Nel giorno della festività di San Giuseppe, nel corso dell’Eucarestia delle ore 11, nella basilica del santuario santa Lucia al Sepolcro di Siracusa il Ministro provinciale dei frati minori Antonino Catalfamo ha presieduto la celebrazione e la Professione solenne dei Consigli Evangelici di Fra Carmelo Francesco D’Antoni e di Fra Dieudonnè Laho.

Due storie di vita diverse tra loro ma unite dallo stesso unico comune denominatore l’amore per Cristo seguendo le orme di San Francesco.

Fra Carmelo D’Antoni nasce a Siracusa quarantaquattro anni fa, laureatosi in Giurisprudenza esercita la professione forense al Tribunale di Siracusa che abbandona per vivere una vita all’insegna della fraternità che lo stesso san Francesco considera un dono.

Fra Dieudonnè Laho nasce in Costa D’Avorio dove lavorava come postino. Per un desiderio personale ha cercato di andare oltre i confini del suo paese alla ricerca introspettiva di realizzare un sogno. La sua meta era la Libia, lavora lì per 10 mesi e quando scoppia la guerra raggiunge l’Italia. Arriva a Lampedusa nel maggio del 2010, ha 27 anni. E’ stato nel centro di accoglienza a Favara, lì conosce casualmente i frati francescani minori e ne rimane fortemente colpito per la semplicità di vita, nel confronto con i frati trova le risposte che lo hanno spinto ad andare oltre e da lì decide di iniziare il percorso spirituale francescano.

“E’ nelle conseguenze della vita di questi due uomini che possiamo capire che dietro queste storie ci deve essere per forza Dio- spiega durante l’omelia Fra Antonino Catalfamo – perché altrimenti le cose rimangono senza senso e quando rimangono senza senso ci fanno impazzire. Nella vita le cose non possono funzionare per logica ma se hai la capacità di poter guardare la tua storia allargando l’orizzonte della tua esistenza, spingendoti un pochino più avanti e guardandola come una storia molto più ampia di quello che tu puoi vedere allora, forse, stai incominciando a lasciare la prospettiva dell’uomo di carne ed incominci ad assumere la prospettiva dell’uomo dello spirito, perché l’uomo per lo spirito non può essere calcolatore. Nella vita, se vuoi vivere d’amore, devi avere anche quella docilità di aprirti all’imprevedibile e poi, quando nella vita si presentano le difficoltà, imparare da Giuseppe di Nazareth. La parola Resilienza è quella virtù di Giuseppe di Nazareth che nella difficoltà è riuscito ad utilizzare la creatività per creare una nuova opportunità.

L’Africa te la porti addosso, e nell’Africa la vita va conquistata: così anche la vita di fede. Dio ti dà l’intuizione ma poi ti sbracci e ti metti a lavorare. Voi dovete prendere il bambino e sua madre, come ha fatto Giuseppe di Nazareth, e ne dovete diventare responsabili, perché siete chiamati a diventare padri. Tu – continua il ministro provinciale rivolto a  Fra Dieudonnè Lahodiventi responsabile di questa umanità europea che ha bisogno di convertire il proprio sguardo alla Misericordia, all’amore nel saper accogliere chi viene dai barconi con un cuore di padre. Hai una doppia responsabilità: saper diventare padre della gente che attraversa il Mediterraneo, ma allo stesso tempo padre per questa terra per poterne testimoniare la bellezza. Fra Carmelo – continua il ministro provinciale –  Dio ti chiede di diventare responsabile di una nuova giustizia: tu che hai ricercato la giustizia nella professione che il Signore aveva messo nel tuo cuore, adesso devi diventare capace di portare la nuova giustizia a tutti gli uomini, quella della Misericordia e dell’Amore. è molto più impegnativo della giustizia sociale, perché nella giustizia della Misericordia e dell’Amore devi imparare a perdere con chi perde e non a vincere con chi vince, a saper aiutare gli altri ad aprire il proprio cuore per poter guardare alle difficoltà della vita con la speranza di chi sa fidarsi di Dio sempre e comunque”.

“La regola di vita dei frati minori è questa, osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo”. Così inizia la Regola scritta da Francesco d’Assisi nel 1223 per i suoi frati, cioè per coloro che vogliono vivere una vita all’insegna della fraternità, che lo stesso Francesco considera un dono. La fraternità aiuta a vivere il santo Vangelo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità. Frati francescani che scelgono di essere strumenti di verità, per trasmettere amore e pace, annunciando il Vangelo che hanno professato con la vita pronunciando quel “Si” che rinnovano quotidianamente”.

Abbiamo incontrato i due frati per farci raccontare della loro scelta vocazionale; come è maturata in questi anni la loro esperienza di fede pur provenendo da strade diverse, da mondi diversi; per condividere con loro un’analisi sulla pandemia e quanto la fede possa aiutare realmente la sofferenza umana, non solo fisica ma anche economica.

Quando avete avuto personalmente chiara in voi la vostra vocazione?

“La chiarezza è qualcosa che viene con il tempo – afferma Fra Carmelo Francesco D’Antoni – nel senso che inizi facendoti tante domande su ciò che sta accadendo nel tuo cuore. Dopo di che, c’è un accostamento progressivo alla Parola che ti fa comprendere che davvero il Signore vuole da te qualcosa di sincero, di vero, l’abbandono totale. Quindi diciamo che la chiarezza è qualcosa che arriva con il tempo se ti metti al cospetto della Parola”.

“Non mi vergogno di raccontare la mia storia – dice intimidito Fra Dieudonnè Laho con voce emozionata e occhi lucidi – anche se sono un po’ geloso della mia vicenda e cerco sempre di custodirne il senso. Sono partito dal mio paese, la Costa d’Avorio, per realizzare un sogno: la mia meta era la Libia. Nel 2010 in Libia si stava benissimo, ancora era vivo Gheddafi. Ho lavorato lì per 10 mesi, poi, scoppiata la guerra, sono partito per raggiungere l’Italia; era maggio del 2010 quando arrivai a Lampedusa. Sono stato accolto in un centro di accoglienza a Favara, e per caso conobbi i frati, i quali mi colpirono per la semplicità di vita. Con loro ho trovato le risposte che mi hanno spinto ad andare oltre e iniziare questo percorso”.

Verso dove va la vostra vita? Per chi e per che cosa intendete spendervi?

“La nostra vita sarà la donazione totale, come restituzione per tutto quello che abbiamo ricevuto e continuiamo a ricevere”.

Quanto è maturata in questi anni la vostra esperienza di fede? Come frati, come riuscite a trasmettere a chi è vicino a voi la testimonianza di fede nutrita dalla parola di Dio?

“E’ maturata tanto- continua l’intervista Fra Carmelo Francesco D’Antoni- perché ogni giorno, anche lo stesso brano del vangelo dice qualcosa di nuovo alla tua vita: significa che è una parola viva, una parola che ti trasmette qualcosa e non puoi non comunicarlo alle persone”.

Nella lettera del ministro generale dei frati minori Michael Perry ai fratelli, si analizza la situazione della pandemia a distanza di un anno invitandovi ad unirvi alla fraternità universale dell’ordine per un tempo di preghiera, digiuno ed elemosina. Questi tre modi hanno la precedenza nelle sacre scritture e, per coloro, che li abbracciano, offrono un’opportunità per entrare in uno spirito di conversione della mente, del cuore e dell’azione. In che modo preghiera, digiuno ed elemosina pongono un cambiamento radicale del cuore e della mente?

“Questo periodo che stiamo vivendo è quello quaresimale, dove preghiera, digiuno ed elemosina sono il centro. Essi sono anche i fondamenti della nostra vita francescana. Noi saremo vicini con la preghiera che ci unisce alle persone che soffrono; con il digiuno perché ci fa assaporare anche la fame della vita vera e poi con l’elemosina perché possiamo davvero stare vicino ai poveri che in questo momento soffrono nella pandemia”.

In questo difficile periodo storico come può manifestarsi la condivisione fraterna tra le persone visto che la paura della morte rende vulnerabili? Quanto può la fede aiutare realmente la sofferenza umana non solo fisica ma anche economica?

“La fede è al centro di tutto, l’abbiamo visto con Papa Francesco a San Pietro “solo” davanti al crocifisso, un atto di fede che è quello della certezza che il Signore è vicino in queste situazioni di difficoltà. Oggi la fede ci fa vivere la sofferenza e le difficoltà di questo momento nel modo in cui deve essere vissuta, cioè  attraverso la sequela di Cristo, quindi l’unico atto di fede è quello di guardare il crocifisso e andare avanti con lui”.

 

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