Strappare: portare via con violenza e rapidità. Termine che deriva dal gotico “strappon”, nonostante qualcuno lo faccia risalire invece al latino “exstirpare”. Lo stesso verbo latino lo rintracciamo tra le parole di diversi autori romani, come anche tra quelle di sant’Agostino allorquando lo stesso filosofo afferma che “non si può amare insieme Dio e il mondo”. Naturalmente, in questo caso, il concetto di amore verso il mondo va a sottintendere una materialità elevata al grado massimo; Agostino parla di “strappare” e di “estirpare” riferendosi a quei cuori che si presentano come “una selva” da purificare; tuttavia questo verbo spesso non rende appieno un’azione o la volontà che determina la stessa ed è per questo che in diverse situazioni non è il termine più adeguato. Ciò lo ha sottolineato anche Roberto Di Bella, già presidente del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria e oggi presidente del Tribunale dei minorenni di Catania, durante il convegno “Liberi di Scegliere”, svoltosi a Taormina lo scorso sabato 11 settembre al palazzo dei Congressi. Nella prima parte dell’evento è stato proiettato il film “Liberi di Scegliere”, ispirato al lavoro e all’impegno profuso da Di Bella nella lotta all’ndrangheta e alla tutela dei minori, diretto dal regista Giacomo Campiotti, con l’ausilio della sceneggiatrice Monica Zapelli, coautrice insieme al presidente Di Bella dell’omonimo libro. Insieme ai personaggi già citati erano presenti in sala nelle vesti di relatori anche l’ Enza Rando, vice presidente di Libera e Felice Cavallaro, giornalista del Corriere della Sera. Nelle prime file figuravano anche il prefetto di Catania, il prefetto e il Questore di Messina.

Il lavoro che Di Bella quotidianamente compie, sostenuto anche dalla già citata Libera, non può essere riassunto come “il tentativo di strappare i ragazzi dalle famiglie e dagli ambienti malavitosi”. La parola più corretta allora, come indicato dallo stesso magistrato, è piuttosto “tutelare”. Risulta certamente questo il termine che descrive la motivazione nel portare avanti il progetto “Liberi di scegliere”, dove la priorità è quella di salvare tutti quei ragazzi che inevitabilmente andrebbero incontro ad una vita il cui epilogo sarebbe rappresentato tristemente dalla morte o dal carcere. Un secondo obiettivo, egualmente primario però, diviene poi l’opportunità dell’educazione e dell’istruzione degli stessi giovani. L’educazione infatti porta alla conoscenza, la conoscenza invece all’istruzione, la quale poi, per citare il greco Diogenesi costituisce certamente come parte della fondamenta di uno stato”. A riguardo è da sottolineare, come ha fatto direttamente l’avv. Rando, lo spessore di un progetto che ha tolto dalle mani di molti ragazzi pistole e coltelli per sostituirli invece con libri e penne, permettendogli di avviarsi, tramite la scuola, verso un nuovo futuro. Ed ha ragione anche Monica Zapelli quando afferma che la scuola è una delle istituzioni più temute dalla mafia, poiché essa cambia il linguaggio dei suoi figli permettendogli di conoscere una nuova realtà.

L’emozione che emerge nella conclusione del film, come del resto anche in più passi del libro “Liberi di scegliere”, è rintracciabile nel quotidiano lavoro di Di Bella, costante impegno che funge da “defibrillatore” per una società magari non sempre menefreghista come spesso, forse per semplicità si definisce, piuttosto invece “cardiopatica”. Il cuore della nostra società appare infatti spesso malato, patologicamente incline all’egocentrismo, al guadagno, alla speculazione; malato però non significa morto, anzi. In tanti ammalati si inverte infatti un profondo e travolgente sentimento di “lotta” e un indomabile desiderio di “rialzarsi”. Quello che poi si nasconde dietro a tutto ciò può essere per qualcuno la fede, per altri “la voglia di vivere”, per altri ancora l’istinto di sopravvivenza ma in ogni caso rimane quella scintilla capace di tenere vivo l’animo dell’individuo. Proprio per questo allora, potremmo paragonare il progetto “Liberi di scegliere” a quella scintilla, la quale propagandosi nella società può dare vita ad un fuoco che inevitabilmente si può tradurre come una collaborazione sempre più ampia da parte di tutti. Vi è in noi quindi l’obbligo di contribuire, poiché come ci ricorda Gaberlibertà è partecipazione”.

Allo stesso modo dobbiamo tener a mente il motto di Don Lorenzo Milani: “I care”. “Me ne importa, mi interessa, mi sta a cuore”, questa è la traduzione ma persone e personalità come Gino Strada, Padre Pino Puglisi, Don Ciotti (insieme all’avv. Rando e a tutta Libera) e il Dott. Roberto Di Bella ne hanno offerto e ne offrono la quotidiana rappresentazione!

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